La villa sorge al di fuori dell'abitato di Cessalto, in località Magnadola, in prossimità del canale Piavon, ed è circondata da un grande parco racchiuso da un muro lungo la strada. In asse con il corpo dominicale, il cancello in ferro dell'ingresso principale, suggellato dallo stemma nobiliare, s'incardina su due pilastri sormontati da sfere in pietra.
A formare il complesso architettonico concorrono una lunga barchessa porticata addossata al fianco ovest dell'abitazione padronale e un oratorio indipendente, con il fronte prospiciente la sede viaria, collegato agli altri corpi di fabbrica da un alto muro merlato.
La proprietà è passata di mano molte volte, dai Giunti, ai Foscarini, ai Manolesso-Ferro, ai Trezza, agli Emo-Capodilista ed infine ai Giacomini.
Sull'incerta epoca di edificazione, può offrire indizi il ciclo di dipinti conservato al piano terra, attribuiti anticamente a Paolo Caliari, detto il Veronese (1528-1588), opera invece solo parzialmente del maestro e per lo più di due suoi allievi, Giovan Battista Zelotti (1526-1578) e Giovanni Antonio Fasolo (1530-1572), secondo interpretazioni moderne (Dino Cagnazzi, 1983)[1]. La mancata menzione della villa nell'estimo del 1575 ha fatto propendere Luciana Crosato (1962)[2] per una data di costruzione posteriore a quell'anno, escludendo «la presenza di Paolo» ed invece riconoscendo «in gran parte della decorazione il fare di Benedetto Caliari».
A parte la rilevanza architettonica del fabbricato (sottoposto a vari rimaneggiamenti, sopraelevazione, chiusura delle finestre ad arco...), «la sua importanza gli viene dalle figurazioni in affresco che coprono le pareti delle stanze al piano terreno» (Mazzotti, 1954)[3], anche se non più attribuibili indiscriminatamente a Paolo Veronese.
Fra i riferimenti del passato, il più remoto alle Historie Romane dipinte nella «Villa di Magnadole», come opere del Veronese, è quello di Carlo Ridolfi nella sua Vita di Paolo Caliari Veronese (1646)[4]. Due secoli dopo, nel 1833, quando la villa era proprietà del nobile Giorgio Manolesso Ferro, il canonico Lorenzo Crico riammirò con parole enfatiche gli affreschi ripuliti dal «color oscuro» di cui li avevano ricoperti il fumo e le esalazioni uscite dai tini per le annuali vinagioni[5]. In seguito Antonio Caccianiga[6] (1874) deprecò i restauri inesperti sugli affreschi già degradati dall'uso del piano terra come cantina. Infine una minuziosa rivisitazione degli affreschi si legge negli studi storico-estetici di Pietro Caliari[7] (un discendente del pittore), Paolo Veronese, sua vita e sue opere, pubblicati nel 1888.
Gli ambienti più splendidi sono il salone centrale e la sala laterale a mezzogiorno, a destra dell'ingresso, ornati da affreschi a carattere storico. Nel primo campeggiano i riquadri del "Convito di Cleopatra", della "Famiglia di Dario che supplica Alessandro", sulla parete destra, di "Didone che medita la fondazione di Cartagine" e "Annibale giovanetto che giura odio ai Romani", sulla parete sinistra; nella seconda corrono le scene di storia romana: "Il Trionfo di Camillo", "Camillo che scaccia i Galli", "Coriolano e Veturia", "Orazio che uccide la sorella" e due figure di Cincinnato, "Cincinnato che accetta la dittatura" e "Cincinnato che salva Roma".
Altre stanze presentano decorazioni di minor impegno figurativo. In quella laterale, a tramontana, paesaggi rurali con alberi, casolari e rovine, si alternano a finte nicchie che racchiudono figure femminili allegoriche, probabilmente le "Virtù civiche". In un quarto ambiente, a mezzogiorno, le porte e finte porte sormontate da frontoni triangolari sono affiancate da dodici cariatidi a monocromo color ocra, sopra le quali sono rappresentati i segni dello zodiaco inseriti dentro medaglioni ovali.
Non mancano, infine, esempi di iconografia religiosa, quale la "Vergine col Bambino e san Giovannino", dipinta in un sovrapporta.
Villa Zeno, situata a Donegal di Cessalto in provincia di Treviso, è una villa veneta progettata dall'architetto Andrea Palladio intorno al 1554, su commissione di Marco Zeno. L'edificio è dal 1996 nell'Elenco dei patrimoni mondiali dell'umanità (WHL) dell'UNESCO, assieme alle altre ville palladiane del Veneto.
«Non è certa la datazione del progetto per la villa Zeno a Cessalto, una delle meno conosciute e certo la più orientale (geograficamente parlando) fra le ville palladiane. Ipotesi recenti fissano il progetto al 1554, vale a dire non appena Marco Zeno acquisisce la proprietà della tenuta di Cessalto, e ciò è ben compatibile con le evidenti affinità formali con altre ville dello stesso periodo come Saraceno e Caldogno.
Sicuramente autografa, è pubblicata sui Quattro Libri con grandi barchesse ad angolo retto, in realtà non realizzate sino ai primi decenni del Seicento. Senza dubbio il progetto palladiano interviene trasformando un edificio preesistente, e ciò potrebbe spiegare alcune singolarità della pianta. Pesantemente modificata nel corso dei secoli, attualmente la villa non mostra più la finestra termale originaria, tamponata nel Settecento»
[mediateca.palladiomuseum.org/palladio | whc.unesco.org/document/10124]
Villa Zeno è situata in campagna, in prossimità del canale Piavon.
Il complesso, organizzato attorno a una corte rettangolare, presenta il corpo dominicale situato in posizione mediana sul lato nord dell’ambito, affiancato da bassi fabbricati laterali, dei quali quello a est risulta più esteso in lunghezza. La corte è racchiusa nei lati orientale e occidentale da altri corpi di fabbrica perpendicolari alla villa; l’edificio a ovest, in particolare, presenta un portico a tre archi.
Il fronte interno della villa, che costituisce l’affaccio anteriore dell’edificio, presenta una coppia di finestre ravvicinate su entrambi i lati della porta d’ingresso, che si ripetono sugli stessi assi al piano superiore. Altre due aperture per lato su entrambi i livelli cadono in prossimità degli spigoli dell’edificio. Il settore centrale si conclude con un largo timpano triangolare, con un oculo circolare al centro, contornato da una cornice a dentelli.
Il fronte esterno, rivolto a settentrione verso la campagna, è aperto al centro da una loggia a tre archi, che insistono su austeri pilastri, e qualificano il settore mediano leggermente aggettante, coronato da un timpano analogo a quello dell’opposta facciata. Lungo la fascia superiore del prospetto si aprono finestre che illuminano il sottotetto.
L’articolazione interna, impostata su un asse longitudinale mediano, si impernia sul lungo salone passante esteso dall’ingresso principale alla loggia posteriore. Su entrambi i lati dello spazio principale si succedono, partendo dalla corte, una sala rettangolare grande, un camerino quadrato e una stanza rettangolare minore aperta verso la loggia; le scale affiancano il salone vicino all’affaccio posteriore.
La villa è stata pubblicata da Palladio nei Quattro Libri, ma non sono stati identificati disegni autografi dell’edificio. Il committente fu Marco Zeno, esponente di una prestigiosa famiglia aristocratica veneziana, che svolse diversi incarichi pubblici (fu anche podestà di Vicenza negli anni 1558-59). Sulla base delle risultanze di recenti indagini, è ormai consolidata tra gli studiosi la convinzione che l’incarico a Palladio per la progettazione sia stato conferito intorno al 1554, subito dopo che Marco Zeno era entrato in possesso del fondo di Donegal, giunto in eredità alla moglie Lucrezia Barbo, e già dotato di una casa domincale e altri rustici. Egli potè seguire da vicino gli sviluppi della fabbrica, essendo divenuto podestà della vicina Motta nel 1556. Non è nota la data conclusiva dei lavori, ma la villa risultava sicuramente completata nel 1566.
L’attuazione del progetto, comunque, fu limitata in quella fase solo all’edificio principale, come documenta una mappa del 1588, in cui il fronte principale verso la corte compare con una finestra termale al di sopra delle tre aperture centrali, composizione pienamente conforme all’idea palladiana e sicuramente attuata con quel disegno. Il ricorso ad alcuni elementi stilistici e distributivi tipicamente palladiani, quali la loggia a tre fornici su pilastri con coronamento a timpano, la finestra termale, il salone passante, accostano questa esperienza a precedenti opere del maestro, come villa Saraceno o la Pisani di Bagnolo; tuttavia a Cessalto la combinazione di tali elementi avviene invertendo lo schema consueto, con la loggia, normalmente posta a connotare il fronte principale, rivolta verso la campagna.
Dall’analisi di due mappe successive del 1625 e del 1639 si deduce che, lungo tale intervallo temporale, furono edificati dei rustici perpendicolari alla villa in conformità al progetto palladiano, ma non i corpi porticati che si sarebbero dovuti affiancare all’edificio; il portico a tre arcate inserito nel fabbricato posto a ovest della corte potrebbe costituire una permanenza di tale costruzione seicentesca.
Corpi di servizio realizzati posteriormente, oggi in larga parte scomparsi, sono documentati dal Muttoni nel 1740. Il complesso subì rilevanti modifiche intorno all’Ottocento, quando furono realizzati i rustici e i fabbricati ancora oggi esistenti. Pesanti stravolgimenti interessarono anche il corpo dominicale, dove fu abolita la finestra termale, sostituita dalle finestre centrali superiori, a causa della suddivisione verticale dello spazio del salone, effettuata per ricavare nuove stanze al livello superiore. Tale inserzione determinò ulteriori trasformazioni negli esterni: le finestre originariamente ad arco del pianterreno divennero rettangolari; furono realizzate le aperture sopra la loggia nel fronte verso i campi.
«I diretti discendenti di Marco Zeno sono oggi impegnati nel restauro conservativo della villa, parte importante del patrimonio architettonico e culturale del nostro Paese. Ma anche altre realtà stanno muovendosi per questo obiettivo: un primo ed importante intervento è stato anche reso possibile grazie al contributo concesso dal Gal Terre di Marca. Il restauro riguarda la copertura e le strutture lignee primarie e secondarie, tutti i serramenti esterni, i controsoffitti e gli intonaci.
La villa è stata anche oggetto di numerosi studi delle Università di Padova e Venezia e di un’indagine conoscitiva presentata dall’Architetto C. di Thiene per conto dell’Istituto Ville venete.
È inoltre allo studio un progetto di valorizzazione che possa attrarre sponsor interessati ad investire in progetti culturali ed imprenditoriali di grande rilievo nel rispetto del patrimonio esistente».
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