Nella seconda metà degli anni Novanta, il circolo culturale giovanile "Riva Granda" (dal nome della parte più antica del centro storico di Torre di Mosto che si affaccia in un´ansa del fiume Livenza) promosse mostre e manifestazioni a tema per mantenere in vita il folklore e le tradizioni popolari e pubblicò un omonimo giornale semestrale che raccoglieva articoli di storia e tradizioni locali. Il Circolo ha editato anche tre pubblicazioni di storia locale.
Anche se le sue attività sono cessate da molto tempo, resta uno scampolo di documentazione nel sito web.tiscali.it/rivagranda e restano consultabili on line i numeri del giornale di dicembre 1999 e dicembre 2000.
I redattori di quella rivista erano: Alessandro Cella, Morena Biason, Ingrid Furlanetto, Landi Lorenzon, Patrizia Mazzarotto, Riccardo Midena, Carlo Panzarin, Cristian Pasquon, Nello Pasquon, Sandro Pedrina. Figurarono tra i collaboratori varie altre persone: Fermo Fornasier, Paolo Fiorindo, Franco Maria Geretto, Lucia Tracanzan, Andrea Peressini, Bepi Orlandi, Giuseppe Mazzarotto, Tiziano Lorenzon, Cristiano Righi, Renzo Vedovo, Valter Giacomini, Thomas Fornasier.
Dicembre 2000 | Leggi tutto
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Dicembre 1999 | Leggi tutto |
Giugno 1999
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Dicembre 1998
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Giugno 1998
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Dicembre 1997
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Giugno 1997
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Dicembre 1996
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Giugno 1996
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Dicembre 1995 |
Giugno 1995
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Le aree rurali devono proporre un "prodotto personalizzato" alla persona-turista, che va accolta, ascoltata, seguita, accompagnata. Il turista si attende di vivere un'esperienza unica, di scoprire il territorio, i suoi valori, di conoscere i suoi protagonisti, gli aspetti più segreti ed intimi. Vuole "capire" il paesaggio in cui si trova, capirne le modificazioni, leggere la fatica di chi l'ha costruito. Coglierne l' essenza … (Giancarlo Pegoraro, Iuav 139/2014)
Sante Giuseppe Pedrina (Torre di Mosto, 1895 - Ospedale da campo numero 63, sul fronte trentino, 1916)
«Sante Giuseppe Pedrina nacque a Torre di Mosto nel 1895 e morì il 3 agosto 1916, a soli 21 anni, nell’ospedale da campo numero 63, sul fronte trentino, per le ferite riportate in combattimento.
Le uniche prove che testimoniano la sua giovane vita spezzata sono la foto nel quadro commemorativo che veniva richiesto dalle famiglie dei caduti, l’atto di morte conservato nell’archivio di stato civile del Comune di Torre di Mosto e il suo nome scolpito nel monumento ai Caduti davanti al municipio.
Subito dopo la morte vennero inviati alla famiglia gli oggetti personali, tra cui il portafoglio intriso di sangue, che aveva addosso nel momento in cui fu colpito dal fuoco nemico e ormai purtroppo andato perduto»
(Giovanni Monforte, Medaglia commemorativa a Sante Pedrina, «La nuova Venezia», 29/10/2016 | nuovavenezia.gelocal.it/.../medaglia-commemorativa-a-sante-pedrina)
Giovanni Sangion (Torre di Mosto, ? - Basso Adriatico, 1917)
Il monumento ai caduti della Grande Guerra
il 4 novembre del 1922, nella piazza principale di Torre di Mosto, venne inaugurato il monumento eretto in ricordo dei Caduti italiani della Grande Guerra, che si trova ancora sullo stesso sito, di fronte all’ingresso principale del municipio. Della cermonia tenuta quasi cent'anni fa s'è conservato un duplicato con negativo dello scatto originale, conservato nell'archivio del fotografo torresano Renzo Vedovo.
Lapide per i caduti austroungarici
Il cimitero di Torre accoglie anche un ossario con i resti di circa 170 caduti austroungarici. Nell’allora cimitero militare, insieme agli austroungarici, erano sepolti anche cinque soldati italiani morti in prigionia a Torre di Mosto (tre ignoti e due noti), i cui resti sono stati poi trasportati a Fagarè, oltre a sei civili, di cui quattro minori militarizzati. «Complice l’incuria del passato, dei caduti austroungarici era rimasta ormai solo l’identità di un "Vitéz" (ossia "soldato valoroso", in ungherese), Laszlo Iaross. Agli altri caduti, un nome e una storia sono stati restituiti dalla ricerca dello studioso locale Silvio Cibinel, in particolare negli archivi anagrafici. Questa "memoria del nemico" ha trovato posto nella mostra in progress "Spuntidistoria", ideata da Lucia Tracanzan, docente di lingua tedesca, ospitata in municipio fino al 2018, insieme con la documentazione tanto della dimensione internazionale del conflitto quanto della specificità che esso assunse nel territorio delle "terre basse tra Livenza, Piave e Sile fino al mare": squarci di vita quotidiana, distruzioni, violenze, vicissitudini dei singoli e delle piccole comunità, in particolare di Torre di Mosto (illustrati con materiali diversi: fotografie, cartoline, immagini di giornali d’epoca, documenti originali come i fogli matricolari o quelli conservati nell’archivio di Stato austriaco...)
Nella storia scritta da Monsignor Costante Chimenton, S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella, 1928, è ricostruita anche la vicenda di Don Zandomenighi, divenuto parroco di Torre di Mosto durante l'occupazione austro-ungarica del 1917 (Capitolo IV, pp. 235-241) | sbn.regione.veneto.it ↓
«Don Zandomenighi dopo aver protestato presso il Comando austroungarico di Ceggia, aver subito un interrogatorio ed essere rimasto qualche giorno in cella, era stato nominato a sorpresa parroco di Ceggia dalle truppe occupanti con l’assoluta proibizione di muoversi dal paese...
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