Il bosco è situato a nord poco lontano dalla Chiesa. Come altri boschi dei dintorni (Basalghelle, boschi Crasere e Utia a Francenigo, bosco Zacchi a Gaiarine, bosco Olmè a Cessalto, Lison) quello di Cavalier rappresenta un residuo delle grandi foreste planiziali che in epoca post-glaciale occuparono la pianura Veneta. Viene citato in tutte le mappe catastali di epoca veneziana e successive. È uno dei pochi boschi planiziali della provincia ed è l'unico rimasto, assieme a quello di Cessalto, dei 24 boschi esistenti agli inizi del '700 nella zona di Motta.
È ricco di essenze autoctone per quanto riguarda sia le piante di alto fusto (caducifoglie quali la farnia, il carpino bianco e il frassino meridionale) sia un variegato sottobosco, formato anche da specie ormai rare in pianura: acetosella dei boschi, dafne mezereo, gramigna di Parnasso, giaggiolo susinario, baccaro comune, plantanera comune. Tra gli arbusti si noverano il nocciolo comune e il biancospino comune.
Della fauna fanno parte alcune specie di anfibi come la raganella padana, la rana agile, la rana di Lataste e il tritone punteggiato, mentre tra gli uccelli vi trovano rifugio il picchio rosso maggiore, il picchio verde, l'allocco, il colombaccio, la ghiandaia e il pigliamosche.
Riferimenti
[a. m.] Dell'edificazione di un'antica pieve, prospiciente il canale Piavon (importante via d'acqua nei tempi antichi), si hanno testimonianze scritte fin dal 1342. Si trova poi definita Rettoria nel 1442 e "cura d'anime" nel 1527. Sono riferite anche informazioni sui prelati o rettori, ora elogiati per il loro impegno, ora giudicati non degni dell'ufficio. Attorno ad essa, come a tutte le chiese parrocchiali, si estendeva il cimitero. La costruzione ad aula unica interamente affrescata - come possiamo ipotizzare che fosse la chiesa nel 1536 - con l'altare dedicato a san Daniele, fu completamente trasformata nel 1624. Venne rifatto il presbiterio, furono aperte una cappella a destra e una a sinistra, si aggiunsero due nuovi altari (della Concezione di S. Maria Vergine e di san Carlo Borromeo, intitolato in seguito a San Gottardo nel 1654). Lavori di ampliamento e di abbellimento nei decenni successivi comportarono la costruzione del campanile, l'erezione di un solenne pulpito in pietra d'Istria, la decorazione delle pareti della navata con modanature in stile barocco terminanti con un ciclo di affreschi, scoperti e riportati alla luce, durante il restauro del 1999, da secoli di oblio dovuto alla copertura delle pareti con calce dopo la peste del '600. Si sa anche di un rifacimento del tetto nel 1741. Alla parrocchia nel XVIII sec. erano pertinenti anche due oratori: uno dedicato alla Sacra Famiglia, in Guia piccola, ai confini con Chiarano, presso i Contarini; l'altro a Palazzo Salomon, riservato per le celebrazioni private della nobile famiglia veneziana.
Persa memoria della data di prima consacrazione, il 2 giugno 1826 la chiesa fu riconsacrata dal vescovo di Ceneda Jacopo Monico, poi patriarca di Venezia, come ricorda l'epigrafe sul pilastro a destra del presbiterio. Anche la dedica degli altari laterali verrà cambiata, con l'intitolazione di entrambi a Maria ("dell'Annunciazione" e "del Rosario"), anticipo di un ulteriore cambiamento fino all'introduzione del culto della Madonna della Salute, ancor oggi molto sentito, della quale si conserva la pregiata statua in sacrestia. Con la venuta a Cavalier del parroco don Felice Perrucchini, si avranno altri interventi di restauro, finanziati in gran parte con le questue raccolte - merita ricordarlo - da fra Gentile da Cavalier, frate minore francescano osservante, desideroso di dare dignità alla chiesa dove aveva ricevuto il battesimo.
Usciti dall'invasione austro-ungarica della Prima guerra mondiale, tristemente patita al pari degli altri paesi della Sinistra Piave, fu di nuovo tempo per i parrocchiani di Cavalier di assistere dall'ottobre del 1924 fino al 1929 all'ultima rilevante ristrutturazione della loro chiesa voluta da don Attilio Maria Gaia, che ha portato l'edificio alla configurazione che presenta attualmente, con l'aggiunta di due cappelle laterali e il prolungamento di tre metri sia all'ingresso principale sia dietro l'abside. Splendido frutto della rimozione del pomposo pulpito (che proprio non piaceva a don Attilio) fu la riemersione − sul pilastro del presbiterio a cui fino ad allora stava addossato − di un resto d'affresco quattro-cinquecentesco raffigurante Santa Lucia.
Per il ciclo di affreschi degli apostoli e dei profeti riscoperti nel 1999 sulle due pareti della navata, l'iniziale supposizione che potessero essere coevi del cinquecentesco affresco di Santa Lucia non è compatibile con la diversità di tecnica pittorica e di stile di quest'ultimo. Più plausible è invece una datazione più tarda, di fine Settecento od inizio Ottocento, la stessa fase decorativa delle immagini dei Quattro Dottori della Chiesa e degli Evangelisti Luca e Matteo dentro le lunette del presbiterio. Altre opere adornano l'interno: San Daniele nella fossa dei leoni, pala d'altare attribuita al pittore tardo baroccco Paolo di Lorenzi di Soligo; Sacra Famiglia di Autore ignoto del XVII sec.; Crocefisso di Autore ignoto del XVII sec.; Ecce Homo di Autore ignoto del XVII sec.; statue lignee degli scultori di Ortisei, Metz (San Giuseppe col fanciullo Gesù, 1921) e Perathoner (Madonna di Lourdes, 1929); tele della Via Crucis di Giuseppe Modolo (1927). All'interno della sacrestia è collocata - come già ricordato - la Beata Vergine della Salute (XVIII sec.). All'esterno, la scultura in marmo Cristo Re (1933) di fra' Claudio Granzotto, beatificato nel 1994, sormonta il portone d'entrata.
© 2024 am+