Fino al 15 settembre è aperta nelle sale del JMuseo di Jesolo la mostra Banksy&Friends: l'arte della ribellione, che racconta la contemporaneità attraverso una summa di circa 90 opere di alcuni tra i più influenti artisti viventi come gli amatissimi Banksy, Jago, TvBoy, ma anche altri nomi celebri e conosciuti a livello internazionale: da Liu Bolin, David LaChapelle, Takashi Murakami, Mr Brainwash, Obey fino ai noti italiani Angelo Accardi, LAIKA, MaPo, Laurina Paperina, PAU, Nello Petrucci, Andrea Ravo Mattoni, Rizek e Giuseppe Veneziano, protagonisti di un'arte pubblica e sociale che è diventata ormai un linguaggio accessibile, diretto e di denuncia, in cui lo spettatore può immedesimarsi...
«La mostra racconta storie "controcorrente", ci parla di vita, di morte, di ingiustizia sociale, di guerre, narrate ora con spirito canzonatorio, ora con maestria lirica o anche con un deciso tono di attacco. Quello che è sicuro è che il messaggio non è mai banale né scontato, scuote le coscienze, indigna, commuove. Hanno creato una rottura con i riferimenti classici del mondo dell'arte e della sua fruizione, rifiutando di entrare a far parte di un sistema chiuso ed escludente. Ironia della sorte, questi artisti ribelli con le loro opere e la narrazione che li identifica, sono diventati molto ricercati e attualmente sempre più centrali nell'interesse del pubblico e dei musei e centri d'arte contemporanea».
Fino al 19 maggio 2024 è allestita nel Palazzo Vescovile di Portogruaro la mostra La dogaressa tra storia e mito. Venezianità al femminile dal Medioevo al Novecento, frutto della collaborazione tra la Fondazione Musei Civici Venezia – MUVE, il Comune di Portogruaro e il Distretto Turistico Venezia Orientale. Per conto di questi enti hanno coordinato e curato questa esposizione Chiara Squarcina, Pietroluigi Genovesi, Daniele D’Anza, Luigi Zanini e Pierpaola Mayer.
Il percorso espositivo fa luce sul ruolo e l’importanza – ai tempi della Serenissima – della figura della dogaressa, la consorte del doge veneziano, una First Lady ante litteram, attraverso una selezione di dipinti, disegi, incisioni, libri, stampe, tessuti, abiti, merletti, vetri e manufatti della cultura materiale veneziana, «come testimonianze tangibili riferite ad una vasta antologia di vicende ed episodi tratti dalla vita di alcune tra le più celebri dogaresse e di molte altre illustri figure femminili fino a Peggy Guggenheim».
Ognuna delle cinque sale del Palazzo vescovile è dedicata a una sezione del discorso:
Dalla Cartella Stampa
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Giovedì 21 dicembre, Oderzo, Palazzo Foscolo, ore 18.30 | Seconda conferenza del ciclo "ARTURO BENVENUTI 100"
Ad emergere sono le opere astratto geometriche, mescolanza di segni “geometromorfici e organomorfici”, che stanno al centro dell’esposizione allestita a Palazzo Foscolo fino al 7 gennaio 2024: la pittura di paesaggio, così intrinsecamente legata e ispirata all’aspro e potente mondo carsico della terra istro-dalmata e soprattutto quarnerina e lussignana, da cui proveniva la moglie Marucci e alla quale Benvenuti fu profondamente legato.
Da sabato 16 dicembre 2023 a sabato 20 gennaio 2024, alla Galleria dell’Eremo presso il Municipio di San Pietro di Feletto si potrà ammirare la mostra di Lina Sari ispirata al testo di Marguerite Yourcenar (1903-1987), I trentatrè nomi di Dio, il breve componimento steso dalla scrittrice nel 1982 e pubblicato nel 1986, che si può leggere nella traduzione italiana di Ginevra Bompiani nella prima edizione italiana del 2003 (nottetempo edizioni).
La pittrice si confronta all'altezza della meditazione di Yourcenar col dinamismo delle proprie energie inventive e la preziosità della propria forma estetica, in uno scambio che può irretire gli occhi e la coscienza. Una via verso quell'immanente Assoluto che ovunque e non dualisticamente si manifesta.
Inaugurazione: Sabato 16 dicembre 2023, ore 17.00. Presenta don Lorenzo Piran
Trentadue brevissime poesie e un disegno per dare a Dio i nomi della bellezza e della miseria umana: momenti e immagini della vita sulla terra, colti in flagrante dall'occhio pietoso ed esatto della scrittrice francese.
(Marguerite Yourcenar / traduzione di Ginevra Bompiani)
Leggi tutto: Dove sta il divino? I trentatrè nomi di Dio | Marguerite Yourcenar / Lina Sari
Nel centenario della nascita, Oderzo Cultura e il Comune di Oderzo celebreranno Arturo Benvenuti, il fondatore della Pinacoteca civica, il pittore di paesaggi e il poeta civile, con due mostre e quattro conferenze, a Palazzo Foscolo.
Verrà ricordato il contributo di Arturo Benvenuti nel recupero della figura di Alberto Martini, pittore e disegnatore grande interprete del simbolismo europeo, nella nascita della Pinacoteca civica sull’artista simbolista – di cui ricorrono nel 2024 i 70 anni dalla morte – nonché la figura intellettuale, come poeta, pittore, fotografo, saggista e promotore culturale, di Arturo Benvenuti stesso (Oderzo, 1923-2020).
PROGRAMMA 2023
PROGRAMMA 2024
Museo Bailo - Fino al 4 febbraio 2024 | museicivicitreviso.it/.../juti-ravenna-1897-1972-un-artista-tra-venezia-e-treviso
La retrospettiva, a cinquantanni dalla scomparsa, dedicata a Juti (Luigi) Ravenna, pittore e critico d’arte annonese - a partire dall'importante nucleo di opere che la Pinacoteca del Museo Bailo conserva - era stata annunciata ufficialmente per la scorsa primavera (da febbraio a maggio).
La mostra contemporaneamente dedicata allo scultore Arturo Martini, da poco conclusa, ne aveva comportato la sospensione e posticipazione, senza però un'adeguata informazione al pubblico, tanto che non pochi - anche non trevigiani - presentatisi al Bailo per vedere Juti Ravenna scoprivano solo una volta arrivati lì che non c'era. Un fatto che ha lasciato molte perplessità.
Ora, tuttavia, è da accogliere con piacere che non si è trattato di un rinvio sine die, e la retrospettiva (composta da 110 opere tra disegni e dipinti) è stata davvero inaugurata sabato 14 ottobre e durerà fino al 4 febbraio 2024.
Accanto alle informazioni che si possono raccogliere in questi giorni sulla stampa e sul sito dei Musei Civici di Treviso, mi sembra giusto riproporre la breve presentazione con cui la collega annonese Ada Toffolon, già sindaca della cittadina, aveva attirato l'attenzione e invitato in primavera alla visita.
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[Ada Toffolon] Si è aperta il 3 febbraio scorso al Museo Bailo di Treviso la mostra dedicata al pittore Juti (Luigi) Ravenna. Il titolo "Juti Ravenna (1897-1972) da Annone a Venezia a Treviso" riassume il percorso umano e artistico di questo esponente della pittura veneta del Novecento, che nacque a Spadacenta di Annone Veneto e concluse a Treviso i suoi giorni nel 1972.
Il paese natale dedicò a questo suo figlio illustre una mostra retrospettiva in occasione dei cento anni dalla nascita e l’anno scorso, per i 50 anni dalla morte, lo ha ricordato con un convegno. Nella rassegna allestita nel 1997, a cura di Franco Batacchi, veniva presentato come un «antidivo, mai mondano, schivo e appartato», che, per dirla con le parole di Vittorio Sgarbi, «combatteva il destino di dimenticato in vita».
Rileggendo gli appunti biografici emerge una vita dedicata all’arte: aveva vent’anni quando, soldato nella prima guerra mondiale, tracciava i suoi schizzi raffiguranti scene dal fronte.
Nel 1920 è tra i giovani artisti di Ca’ Pesaro a Venezia e, contemporaneamente, frequenta l’Accademia di Belle Arti. Espone più volte nella città lagunare, dove conosce e frequenta tra gli altri Gino Rossi e Pio Semeghini.
A Venezia vive a Palazzo Carminati, grazie al sostegno che l’Opera Bevilacqua La Masa riservava ai giovani artisti poveri ma meritevoli e, oltre ad ospitarli, organizzava mostre dei loro lavori. Negli anni tra le due guerre espone, oltre che a Venezia, a Firenze, a Padova, a Fiume.
A Venezia per un certo periodo divide l’alloggio con Filippo de Pisis, presentatogli dal poeta Vincenzo Cardarelli, esegue su commissione pale e affreschi per il Duomo di S. Donà di Piave, per la cappella del Collegio Alighieri di Vittorio Veneto, per la residenza privata di Giovanni Comisso, per una villa privata di Castelvecchio.
In questo periodo conosce Giovanni Mesirca, medico e critico d’arte, il suo maggiore amico ed estimatore, «affascinato dal mistero di un uomo che rinuncia al mondo per dedicare la sua vita all’arte» come scrisse Batacchi a proposito di questa amicizia, pure fondamentale per far conoscere agli studiosi la figura di Juti Ravenna.
Nel 1947 si trasferisce a Treviso, forse perchè «lo strutturalista Ravenna, severo difensore del coerente rapporto tra costruzione della forma ed uso del colore in relazione alla superficie» non si ritrova più nel nuovo vento culturale che soffia su Venezia. E trova più congeniale la città del Sile «con la sua forte corrente realista, naturalistica o figurativa». È lo stesso Juti a scrivere che a Treviso «il clima prodigioso e la cordialità della gente furono stimoli risolutivi al mio lavoro sereno e proficuo».
Una stagione feconda che lo vede protagonista di varie mostre tra cui la rassegna di Palazzo Strozzi a Firenze sulla Pittura italiana della prima metà del Novecento; nel 1969 pubblica il volume Juti Ravenna, una vita per la pittura, curato da Mesirca per le edizioni Rebellato, che raccoglie numerosi contributi critici dell’artista.
Dopo la morte, 1972, la sua opera trova spazio in varie esposizioni, come la retrospettiva del 1992 a Ca’ dei Carraresi con il catalogo curato da Marco Goldin. Mentre lo stesso museo Bailo ospita nella sua pinacoteca un importante nucleo di sue opere.
Nell’omaggio che ancora una volta, ma sono passati anni e generazioni, la sua città di adozione gli dedica, viene giustamente rivalutata la fase iniziale del suo percorso: gli anni in cui giovanissimo apprende il disegno alla Scuola Arti e Mestieri di Motta e comincia a dipingere i volti e i luoghi della sua Spadacenta. L’opera di Juti Ravenna è stata avvicinata al "post impressionismo veneto", che accomuna molti giovani artisti della cerchia veneziana, e si trasferisce nel lirismo pittorico dei paesaggi, nelle luci, nei colori e nelle atmosfere che dalla campagna annonese a Venezia e poi a Treviso ne hanno definito la cifra stilistica.
[ Ada Toffolon, Un Annonese da riscoprire: Juti Ravenna "antidivo, mai mondano, schivo e appartato", «Il Popolo», 19 marzo 2023, p. 24 | Leggi pdf]
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Info
Domenica 26 febbraio presso la Sala Auditorium del Museo del Duomo di Oderzo, alle ore 17, Raffaello Padovan presenterà Le memorie del pittore Giulio Ettore Erler, un'autobiografia inedita. Introdurrà Maria Teresa Tolotto, direttrice dell'Archivio e del Museo del Duomo.
Giulio Ettore Erler (Oderzo, 1876 - Treviso, 1964), trasferitosi a Treviso,visse e operò, fino al 1944 negli spazi interni di Porta Santi Quaranta, e fu insegnante di disegno presso il "Riccati" ma, venuto in contrasto col regime fascista, abbandonò l'insegnamento alla fine degli anni venti. Fu amico e sodaIe di gran parte delle varie personalità della cultura, non solo artistica, trevigiana della prima metà del XX secolo.
Erler raccolse in una serie di quaderni i ricordi delle esperienze di vita dei suoi primi cinquant'anni circa. La lettura di quei manoscritti (poi dattiloscritti dalla sua collaboratrice Irma Simioni) ci permette di entrare e vivere nel clima di un periodo storico che va dall'ultimo trentennio del XIX secolo ai primi due decenni del successivo, visto tuttavia con gli occhi di un pittore e forse per questo più singolare e interessante. Si ritrovano curiosi aneddoti inaspettati relativi ai maestri di due Accademie di Belle Arti, quella veneziana e quella milanese, che Erler frequentò da studente e pure da insegnante. Così come taluni episodi storici ben conosciuti, da lui vissuti in prima persona, quale ad esempio la storica e tragica vicenda della repressione della sommossa popolare per ordine del generale Bava Beccaris e le immagini della Treviso sotto i bombardamenti austroungarici della Prima Guerra Mondiale.
Sabato 21 gennaio alle ore 17 ad Oderzo, presso il cinema Turroni, Il Museo del Duomo di Oderzo e Antiga Edizioni presentano Carteggio inedito tra i pittori Giambattista Carrer e Leonardo Gavagnin con Gerolamo Sugana nobile trevigiano, curato da Raffaello Padovan. Interverrano Maria Teresa Tolotto e Andrea Simionato.
Il libro recente di Guerrino Lovato e Pino Usicco (la Toletta Edizioni, 2022) racconta chi sono i personaggi raffigurati nelle sculture e nei bassorilievi scolpiti negli archi delle Procuratie e della Marciana (e i loro significati spesso dimenticati o sconosciuti).
Presentazione, a Treviso, con gli autori, mercoledì 7 dicembre, ore 17, presso palazzo Rinaldi, Sala Verde.
L’interesse creatosi attorno alla mostra di Paris Bordon aperta al Museo di Santa Caterina a Treviso (dal 16 settembre 2022 al 15 gennaio 2023) è il clima adatto per inserire la conferenza e la presentazione delle immagini, che si terranno a Treviso presso la Sala Rosso Coletti del Museo di Santa Caterina, il 21 dicembre prossimo (sotto l’egida del Comune di Treviso, dei Musei Civici trevigiani e dell’Ateneo di Treviso), come anticipazione di una ricerca in corso di Guerrino Lovato, Maria Teresa Tolotto e Claudio Rorato, su una nuova ipotesi attributiva degli affreschi esterni del 1524 e 1525 che ornano i palazzi Saccomani e Salvini a Oderzo.
Ogni occasione espositiva come questa straordinaria su Paris Bordone - che sistematizza il punto di approdo della ricerca critica allo stato attuale – può e deve suscitare anche sollecitazioni ad andare oltre, a riverificare e percorrere-ripercorrere i fondamenti del già noto, a non impedirsi nuove perlustrazioni.
Vedo in questa luce l’ “incursione” del vulcanico iconologo Guerrino Lovato, che ho potuto conoscere nella godibilissima conferenza di domenica 4 dicembre a Oderzo a proposito della rappresentazione nell’arte della figura della “levatrice incredula” presente nelle scene della Natività, ispirate dalla narrazione del Protovangelo di Giacomo e della Legenda Aurea.
Guerrino Lovato, in campo iconografico, agisce con l’occhio e il fiuto di un detective che - estraendo dal proprio interno database popolato di migliaia di iconografie ed iconologie pittoriche e scultoree - compara esemplari, stili individuali e di scuola, simbologie ed allegorie profane e sacre, il tutto rapportato alle culture storicamente determinate che le producono e a cui vanno commisurate. Reduce dall’aver visitato la mostra trevigiana dedicata a Paris Bordon, è da pensare così l’eureka che deve essergli scattato quando, esaminando quel che resta visibile degli affreschi della facciata esterna di Palazzo Saccomani in Piazza Grande e di Palazzo Salvini in Via Umberto I, questi gli hanno evocato uno stile ri-conosciuto: il nome del frescante a cui attribuire i dipinti – rimasto finora irrisolto ma con la probabilità che sia lo stesso per entrambi gli edifici – non avrebbe potuto essere proprio Paris Bordone?
Guerrino Lovato ha chiesto collaborazione a Maria Teresa Tolotto per una articolata “indagine” d’archivio. La sola “illuminazione” iconografica e stilistica non poteva bastare. Per insistere sull’ipotesi attributiva era indispensabile stanare qualche fondamento storico-documentale.
A una settimana dall’appuntamento di presentazione dei risultati di questo lavoro al Museo di Santa Caterina a Treviso, ho chiesto – all’esperta archivista e studiosa di storia locale sia laica sia ecclesiale – che cosa e come abbia ricercato e come e se sia riuscita a corroborare la pista “Paris Bordon”.
Tolotto non è stata avara di informazioni, com’è suo stile e come le detta il suo piacere di condividere le conoscenze e i dati storici che spesso “resuscita” col suo scavo archivistico.
«Guerrino Lovato ha visto nelle immagini, o meglio in quel che resta di quelle immagini, la mano e la fantasia “costruttiva” di un giovane genio quale il Paris. Ha affiancato l’esame di stampe di inizio '500 (essendo le date ricavabili dai due palazzi opitergini il 1524 e il 1525) per cogliere la composizione e il messaggio iconografico che il committente voleva esprimere con questo lavoro. Ma soprattutto ha riletto le immagini contestualizzandole nella storia della città e di alcuni elementi con i quali questa da sempre convive, primo tra tutti l'acqua e – in questo caso, ancor più specificamente - i mulini.
Dal canto mio ho riveduto i documenti, per altro già pubblicati in calce al catalogo stampato nella precedente mostra a Treviso su Paris Bordon, “Codice diplomatico bordoniano”, curato da Giorgio Fossaluzza (in Paris Bordon, Catalogo della mostra - Treviso 1984, A cura di Eugenio Manzato, Electa, Milano, 1984, pp. 115-140) nel quale sono riportati i documenti d'archivio relativi al pittore e la biografia scrittane dal Vasari.
La rilettura è partita per cogliere, in prima analisi, chi e in quali fondi questi documenti erano conservati, per capire se il Paris avesse un Notaio di riferimento con il quale stendesse atti e commesse; e congiuntamente continuare a consultare quel fondo se per caso c'erano dei collegamenti con Oderzo. Sono passata poi - visto che solitamente non usa lo stesso notaio se non per cose strettamente private e relative alle sue proprietà - a considerare tutte le informazioni che queste trascrizioni potevano darci. Non ho tralasciato né il carattere dell'artista come emerge dalla biografia (che lo descrive come uomo schivo, non incline ad ingraziarsi i clienti e per questo costretto ad accogliere tutti i lavori che gli si presentavano) né le diverse commesse che gli sono arrivate attraverso i parenti della moglie che avevano relazioni di parentela con pittori.
Partendo da questa considerazione, supportata dal fatto che anche alla stesura del suo testamento la moglie di Paris sceglie un cugino della famiglia dei Licino (Arrigo Licino) per controfirmare le sue volontà e che in Augusta (Augsburg, in Baviera) lavorarono sia il Paris che Giulio Licino, figlio di Arrigo, ho cercato di definire le tre diverse botteghe (Paris, Licino e Pordenone) e le possibilità di una collaborazione tra loro.
Cosa che si è subito presentata ardua perché il Vasari confonde la vita e le opere dei Licino con Pordenone (Zanantonio Licino da Pordenone, dove pare sia nato, con Zanantonio de Sacchis detto il Pordenone). Consultati altri biografi, la questione non si è chiarita del tutto ma ci ha permesso di fare altre supposizioni che attendono sicuramente la conferma di documenti da cercare con pazienza nei fondi notarili …
Tra queste in particolare abbiamo soppesato anche la possibilità di collaborazione ipotizzabile in Oderzo nei primi anni della vita lavorativa di Paris, perché le date 1524-1525 dipinte nei due palazzi opitergini riflettono il modo con cui egli firmava le sue opere posponendo alla sua firma la data in numeri romani. Altro riscontro che ha attirato la nostra attenzione è poi quello che ci hanno aperto gli Estimi della città di Oderzo del 1550, conservati presso l’Archivio di Stato di Treviso. Chi era e a quale famiglia apparteneva lo “Zanantonio depentor”, registrato tra i residenti nella piazza di Oderzo in affitto dal signor Barbieri? Documenti come “stati delle anime” e “libri canonici” della parrocchia di Oderzo non ci possono aiutare, perché cominciano dopo il 1565. Quest’inquilino di Oderzo potrebbe essere il pittore Zanantonio Licino (di cui il Vasari ricorda che negli anni tra il 1520 e 1525 fu costretto, a causa di “pestilenze” non ben definite, a lavorare nel contado per “contadini” dove esperimenta e si specializza negli affreschi) e Paris potrebbe già aver lavorato con lui?»
Maria Teresa Tolotto ha chiaro che molti sono ancora i punti in sospeso e molte verifiche sono ancora da fare, ma dà senso al suo essersi impegnata in questi termini: «provo a percorrere altre strade per capire se queste possano portare ad ampliare le conoscenze, per evitare non le medesime conclusioni, fatte da autorevoli critici d'arte, ma per non ripetere, come è capitato per la “confusione” fatta dal Vasari che si è trascinata fino agli inizi del 1900, la “perpetuazione” di errori e confusioni».
Le anticipazioni di Tolotto generano appeal sufficiente per non mancare alla conferenza. Ci aspettano anche le attese analisi e interpretazioni iconologiche comparate che curerà Guerrino Lovato (sulle quali non vogliamo togliere la sorpresa).
Dal 16 settembre 2002 al 15 gennaio 2023 sarà aperta al Museo Santa Caterina di Treviso la grande mostra (rinviata a causa delle restrizioni anticovid della primavera scorsa) “PARIS BORDON 1500-1571. PITTORE DIVINO”.
Al "Divin Pitor" (come lo definiva lo storiografo veneziano Marco Boschini col termine usato solo per Raffaello e Tiziano) è dedicata la più ampia monografica mai realizzata finora, riunendo i capolavori dell'allievo di Tiziano provenienti dai più prestigiosi musei del mondo: l’Ermitage di San Pietroburgo, la National Gallery di Londra, il Louvre di Parigi, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, l’Ashmolean Museum di Oxford, le Gallerie degli Uffizi di Firenze e i Musei Vaticani...
La rassegna ne racconterà la varietà e la ricchezza della produzione attraverso i suoi sensuali ritratti femminili – dai primi, fortemente influenzati da Palma il Vecchio e Tiziano a quelli più tardi segnati da un sofisticato manierismo – attraverso le rappresentazioni mitologiche, le splendide allegorie, le scene sacre delle grandi pale d’altare e le piccole opere destinate alla devozione privata. In occasione dell’esposizione verrà, inoltre, appositamente restaurata la monumentale pala d’altare San Giorgio e il drago, proveniente dai Musei Vaticani.
A completamento della visita, un itinerario di confronti e rimandi, inviterà a riscoprire capolavori disseminati all’interno del territorio trevigiano e veneto come la meravigliosa Consegna dell’anello al doge di Paris Bordon, conservata alle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
La mostra è accompagnata dal catalogo edito da Marsilio Arte | marsilioeditori.it/.../paris-bordon-pittore-divino
Il sito della mostra: mostraparisbordon.it
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