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[a. m.] Nacque a Oderzo nel 1761, da Pompeo Tomitano e Francesca de’ Signori di Polcenigo. Rimasto orfano di padre, fu avviato agli studi in Padova, ospite del collegio dei Padri Somaschi ove ebbe come maestro nelle lingue antiche, in particolare del latino, il somasco Anton Nicola Evangeli. Passato all’Università e destinato all’avvocatura, preferì gli studi letterari e filologici, anche questi però non conclusi, quasi certamente per il subitaneo matrimonio nel 1781, appena ventenne, con Giulia Sassonia di famiglia nobile padovana, dalla quale ebbe tre figli: Clementino, Pompeo e Nicolò Clementino. Rientrato a Oderzo, una volta risolte le divisioni patrimoniali tra i suoi fratelli, e godendo di una solida rendita, coltivò studi letterari, compose novelle ed epigrafi latine in occasione di alcuni segnalati eventi, soprattutto si diede alla realizzazione di un singolare progetto collezionistico: l’Autografoteca dove raccogliere manoscritti e lettere di quanti, suoi contemporanei e non, fosse riuscito a raggiungere e convincere. Viaggiò di rado lontano dal veneto e dal Friuli, quasi soltanto per avviare o consolidare la rete dei suoi corrispondenti oppure per acquisti di libri e manoscritti: fu a Roma e Napoli nel 1789, a Bologna e Milano nel 1804 e nel 1811. Ricoprì incarichi ammnistrativi e politici in Oderzo, membro del Collegio Elettorale dei Dotti, negli anni tumultuosi che segnarono la fine della Repubblica Serenissima, le dispute territoriali tra Francesi e Austriaci, la restaurazione post Congresso di Vienna.
Riguardo alle sue scelte tra innovazione e conservazione in ambito politico e religioso è problematico discutere, ma si può dire che non disdegnò intrattenere contatti epistolari con eminenti personaggi vicini al giansenismo. Compose e pubblicò, spesso in forma di lettera, alcuni ricordi di suoi corrispondenti che definiva necrologi e per i quali s’era a lungo applicato a raccogliere e conservare idonea documentazione, orazioni celebrative per nozze di amici o parenti, componimenti poetici in latino, un’interessante biografia corredata da versi inediti dell’abate opitergino Raimondo Cecchetti (1703-1769), ma soprattutto novelle connotate da un non celato anticlericalismo.
Il vanto maggiore, quello che lo rese noto e fors’anche stimato nell’ampia rete degli eruditi e studiosi suoi contemporanei, resta senza dubbio l’Autografoteca, dispersa in pochi anni dopo la sua morte - non è chiaro se per decisione del figlio o del fratello - nel mercato antiquario. Il destino così ingeneroso delle sue fatiche di bibliofilo e raccoglitore di manoscritti ed epistolari provocò inevitabilmente l’inabissarsi del suo nome e la perdita di una sua pur flebile memoria proprio perché questa non poteva che dipendere dalle sue carte. | Sintesi ricavata da: Bruno Callegher, Il carteggio Giulio Bernardino Tomitano - Simone Assemani (1789-1805). Dalle "solitudini opitergine" al network della "Repubblica delle lettere", «Archivio Storico Cenedese», 2, 2016, pp. 75-78.
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