Mauro Fasan, Giorgio Prosdocimo, «La bassa», Rivista dell'Associazione culturale "La bassa" per lo studio della friulanità del Latisanese e del Portogruarese, n. 70/2015 | labassa.org/it
Giorgio Domenico Prosdocimo nacque a Meduna di Livenza (TV) il 22 gennaio 1862 dai medunesi Francesco Domenico del ramo dea piaza e Regina Maria di Domenico Piva. Primo di nove figli, ebbe come fratelli Marianna Antonia (1863), Rosmunda Livinia Giuseppina (1864), Santa Anna (1867), Amalia Libera Italia (1868), Alessandro Abramo (1869), Antonia Anna (1871), Gemma Anna (1873) e Romeo (1877).
Di un certo rilievo pubblico il padre Francesco, possidente terriero e bottegaio, da sempre inserito nella politica locale. Francesco ricoprì per molti anni la carica di sindaco del paese e fu decorato al merito con il titolo di Cavaliere della Corona d’Italia. A lui sono dedicate una lapide commemorativa, conservata nella sede comunale, e una strada del centro paese. Il 12 ottobre 1881, a soli 19 anni, organizzò una dimostrazione di protesta contro il Consiglio Comunale, composto prevalentemente da persone esterne al paese, riuscendo a far annullare la deliberazione presa per la soppressione del comune e l’annessione a quello di Motta di Livenza. Fieri dell’autonomia preservata, i medunesi per anni ricordarono l’evento con una festa paesana che oggigiorno non esiste più.
L’anno seguente, in occasione delle inondazioni, istituì una “cucina economica” per i poveri e bisognosi, per far fronte alle condizioni di miseria in cui versavano il paese e i territori vicini. La tradizione vuole che a mezzogiorno, pronta una minestra calda o qualche pietanza, venisse suonata una campana e così tutti sapevano che era l’ora della distribuzione. A uno di questi due fatti viene attribuito il detto "Meduna a boie", espressione che da decenni caratterizza il blasone popolare con cui gli abitanti dei dintorni hanno designato, deriso, canzonato (o invidiato) i Medunesi.
L’ipotesi della protesta è maggiormente accreditata, infatti ben si accosta al coevo movimento di rivolta contadina, la boje appunto, scoppiato nel Polesine e nel Mantovano.
Il 14 maggio 1884 assieme a Roberto Perocco, Francesco Carli e Antonio Saccomani diede luogo a un imponente comizio popolare per promuovere la diminuzione del prezzo del sale. L’iniziativa ebbe la presidenza onoraria di Agostino Bertani e quella effettiva dell’ex deputato prof. Giovanni Callegari di Padova. La partecipazione fu numerosa, superando le cinquemila persone, compresi alcuni deputati, fra cui l’on. Luigi Luzzatti. Nello stesso anno promosse una pubblica sottoscrizione per far murare, nell’allora municipio in piazza Umberto I, due lapidi commemorative a Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi.
Sempre nel 1884 (18 maggio) fondò la società operaia con 120 soci attivi, della quale fu nominato segretario e cassiere, per poi divenirne presidente.
All’età di ventidue anni, dunque, il Prosdocimo era ben inserito nel tessuto istituzionale e sociale del paese e l’anno seguente sposò Emilia Rizzo, tre anni più giovane, che gli diede sei figli: Zoe Agar Lidia (1887), Zoe Agar Lidia Seconda (1889), Iunio (1890), Olinto Francesco Abramo (1892), Rina Regina Carlotta (1893) e Franceschino Alessandro (1899).
Conclusi gli studi a Udine, divenne corrispondente per “Il Gazzettino”, fin dalla fondazione (1887), gestendo un proprio fuorisacco. Il quotidiano fu un saldo appoggio per le sue azioni, che continuarono ininterrottamente.
Pare che già da alcuni anni redigesse articoli, infatti è del 1882 una cronaca che illustrava i danni creati dall’alluvione. Fu scritta per chiedere aiuti e sostentamenti, ottenendo ottimi risultati, tra cui 100.000 Lire inviate direttamente da Re Umberto I.
Nel 1888 fece istituire l’ufficio postale, prendendone in seguito (1891) la gestione e tenendola per ben cinquantun anni. L’ufficio, trentadue anni dopo, si doterà anche del telegrafo.
Nel 1903 ripristinò un’antica fiera del bestiame, abbandonata da oltre un secolo. Cinque anni dopo cedette un suo fondo, a prezzo di favore, per la costruzione di una casa operaia, titolata a S. E. Luigi Luzzatti.
Durante il periodo dell’invasione austro-ungarica, a seguito della disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917) emigrò come profugo, vedendo distrutta l’abitazione dove dimorava la famiglia. Un imponente edificio di quattro piani che sorgeva nei pressi della chiesa, costruito su un vasto lotto già proprietà della parrocchia.
Durante l’assedio perse la vita, all’età di ottantaquattro anni, anche l’amato padre, per una ferita alla gamba destra procurata da una scheggia di granata.
Pare trovò rifugio a Frascati, dove furono ospitati parecchi cittadini dell’opitergino. Durante il periodo di soggiorno organizzò una “cooperativa di consumo” fra profughi, alla quale aderì anche l’Alto Commissariato dei Profughi di Guerra con la somma di 5.000 Lire.
Nota | Ricordiamo con riverenza, accanto a quello di Luigia Defend, i nomi di altre donne friulane che hanno testimoniato un forte sentimento di Patria di fronte al nemico in guerra: Maria Plotzner Mentil, colpita pure lei al fianco, Rosa Calligaris, Ina Battistella, Bianca di Prampero, Teresa Petri.
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