Analemma solare in Piazza Grande a Oderzo. Funge da calendario grazie all'ombra proiettata dalla cuspide più alta del Duomo.
Meridiana settecentesca visibile sulla parete sud della chiesa parrocchiale di Piavon di Oderzo. Segna le antiche ore italiche.
Human Sundial in una nuova scuola a Lafayette (Louisiana, USA). Serve l'ombra di una persona per mostrare l'ora esatta.
Vada al diavol colui che inventò l'ore,
e primo pose qui quest'orologio
(Plauto, Boeotia)
Conosco la mia età, posso dichiararla,
ma non ci credo: nessuno si riduce
alla semplice apparenza della sua età
fintantoché gli rimane un po’ di consapevolezza
(Marc Augé)
[a.m.] Dopo il periodo di profugato con la famiglia a Sermide (MN), il padre avviò il ragazzo a bottega presso il pittore e decoratore Giuseppe Moro. Le qualità dimostrate lo portarono a frequentare prima il Liceo artistico di Venezia poi a iscriversi all'Accademia di belle arti, seguendo per i primi tre anni come maestro di figura Ettore Tito.
Le prime rilevanti esperienze furono nell'ambito dell'arte sacra. Nel 1925, appena ventenne, vincitore in un concorso, ebbe l'incarico di eseguire la pala del santo per la riedificata Chiesa di San Cristoforo di Tonezza del Cimone (VI), andata completamente distrutta nei furiosi combattimenti che sconvolsero la zona durante la prima guerra mondiale. Dal pittore e architetto trevigiano Antonio Beni - che aveva un ruolo importante nell'opera di ricostruzione degli edifici sacri distrutti - impedito da problemi di salute, gli fu affidato anche il completamento delle pale d'altare, già approvate in bozzetto dalla Commissione d'arte sacra, per le chiese della diocesi di Treviso danneggiate.
Affrontò in seguito anche la figurazione storico-patriottica, quando nel 1930, durante il servizio militare come sottotenente del 55º Reggimento fanteria "Marche", dipinse su incarico dei suoi superiori due grandi tele raffiguranti gli episodi della morte di Edmondo Matter e Cesare Colombo(1), entrambi caduti sul Carso e medaglie d'oro al valor militare alla memoria, e il Ritratto del Colonnello Rossi.
Per la reputazione nell'ambito della pittura storica di impostazione celebrativa, nel 1934 gli furono commissionati quattro grandi pannelli per la sala consigliare del palazzo Comunale di Oderzo che illustravano episodi e personaggi della cittadina lungo la sua millenaria vicenda.
Chiamato alle armi nel periodo della seconda guerra mondiale, dovette abbandonare temporaneamente il lavoro e ritornò a Treviso solo dopo l'armistizio. Il suo studio andò distrutto nel bombardamento di Treviso del 7 aprile 1944 e fu costretto a lavorare temporaneamente a Dosson nello studio di Antonio Beni (morto nel 1941)
Nell'immediato dopoguerra partecipò alla vita amministrativa della città. Eletto consigliere comunale nella lista della Democrazia Cristiana come indipendente, fece parte della giunta comunale prima come assessore supplente all'edilizia, poi come assessore effettivo ai servizi generali, e restò membro della Commissione edilizia per la toponomastica cittadina per circa un ventennio. In quel periodo gli fu anche proposta la candidatura a deputato parlamentare, ma rifiutò per non abbandonare il suo lavoro.
Negli anni sessanta, diminuite drasticamente le commissioni di arte sacra dopo il Concilio Vaticano II, si diradò anche il suo intervento in questo ambito e si dedicò maggiormente alla pittura paesaggistica e alla natura morta e proseguì nella ritrattistica. Fu l'occasione per allestire alcune mostre personali: la sua prima nel febbraio 1968 e la seconda a gennaio-febbraio del 1971, entrambe ospitate dalla galleria Giraldo di Treviso. A luglio dello stesso anno moriva per un infarto.
Alla fine del 1978 il Comune di Treviso organizzò presso il Museo Ca' da Noal la mostra retrospettiva Gino Borsato, la sua terra e la sua gente, curata dal critico d'arte Luigina Bortolatto.
Note
Menarósto, il girarrosto, addetto agli spiedi su brace, ha il suo grande proscenio nelle grigliate estive e in ogni festa patronale o delle proloco che si comandi. Quest'anno, anche su terrazze e giardini di casa, causa lockdown e susseguente momento liberatorio attuale (forse...). Gran rispetto per la grande professionalità di alcuni (pochi) o almeno la passione di altri (i più) ... ma quando ognuno di noi si accingerà a girare l'arrosto suo non dimentichi di poter essere un "menarosto" anche in altro senso, non referenziale, di "girare a vuoto".
Menarósto detto di un individuo - fuori del lavoro al braciere e allo spiedo - non ha preso una piega neutra o positiva, ma invece negativa: inconcludente perditempo o chiaccherone instancabile, persino seccatore noioso. Si equipara a roda (da molin), anch'esso detto di chi parla a lungo senza stancarsi (linguaveneta.net/Dizionario-Veneto-italiano-Piccio | 162.235.214.76/piccio/dicty). Menarósto in veneziano arriva a significare "disobbediente, impertinente, birichino” (Veneziani a Tavola - Sir Oliver Skardy | venezianews.it).
Godiamoci un po' di riferimenti all'uno e all'altro significato:
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