Il "mondo nuovo" dell’età post-rivoluzionaria è quello con cui dovettero misurarsi anche le élites venete, che si trattasse di patrizi veneziani, nobili di terraferma, funzionari, possidenti, mercanti o intellettuali. Seguire le loro vicende permette di considerare unitariamente un periodo breve ma tormentato, racchiuso fra l’arrivo dell’esercito di Napoleone Bonaparte in Veneto e il Congresso di Vienna, durante il quale i territori dell’ex Repubblica di Venezia non cessarono di essere contesi tra francesi e austriaci.
[2019] Valentina Dal Cin, Il mondo nuovo. L’élite veneta fra rivoluzione e restaurazione (1797-1815), Edizioni Ca’ Foscari, Venezia, 2019 | edizionicafoscari.unive.it | Leggi pdf Introduzione | Leggi pdfVenezia e la terraferma dopo la Repubblica 1. La stagione democratica del 1797 | Leggi pdf 2. Tra Repubblica e Impero (1798-1805) | Leggi pdf 3. L’età napoleonica: il Veneto nel Regno d’Italia (1806-1814) | Leggi pdf Descrivere un’élite 4. Dinamiche sociali | Leggi pdf 5. Il potere informale delle relazioni| Leggi pdf 6. Crisi e transizioni | Leggi pdf Conclusioni | Leggi pdf |
Un'ampia recensione del volume di Valentina dal Cin si legge in Paolo Luca Bernardini, Un piccolo mondo “niovo”. Venezia dopo la Serenissima, Corriere della Sera - BLOG "La nostra storia" di Dino Messina, 16 maggio 2021 | lanostrastoria.corriere.it
«La letteratura sulla Venezia austriaca è abbondante, e ugualmente fertile appare lo studio della Venezia settecentesca, degli “ultimi suoi giorni tristi” per citare Francesco Guccini – basti citare i lavori di Alfredo Viggiano, o di Massimo Galtarossa sull’alta burocrazia della Cancelleria ducale veneziana tra Sei e Settecento, ma anche diversi altri, come la sintesi di Valter Panciera. Mancava un lavoro sugli anni di transizione, tra il 1797 della caduta e il 1815 del ritorno all’Austria, anni travagliatissimi, che vedono quattro passaggi di amministrazione, infiniti sommovimenti, agonici spasimi della fine (dopo forse 1100, forse quasi 1400 anni, se si data l’origine di Venezia al “mitico” 25 marzo 421) e deboli vagiti del mondo “nuovo”, appunto, comprese confuse divinazioni di una possibile “unità d’Italia”.
Tale vuoto, almeno per la storia istituzionale e dei ceti dirigenti – filone tradizionalissimo nel panorama storiografico franco-italiano – viene accuratamente colmato da un vasto, documentato volume di Valentina Dal Cin, “Il mondo nuovo. L’élite veneta fra rivoluzione e restaurazione (1797-1815)” (Ca’ Foscari editore, 2021). Frutto di una ricerca in svariati archivi veneti, italiani ed europei, il libro, se letto aldilà di schemi interpretativi e questioni metodologiche, schiude ad un mondo meravigliosamente tormentato. Da un lato, le élites sono ormai ben lontane da essere numerose, coese, e soprattutto benestanti, soprattutto il patriziato di città, ma anche l’aristocrazia di terraferma, soffrono di un progressivo esautoramento, anche dinastico. I Barnabotti spopolano. La Rivoluzione francese arriva e una primitiva camera oscura mostra i disegni del “mondo niovo”, il mondo rovesciato della Rivoluzione, ad un pubblico estasiato e pagante (per avere un’idea visitate le splendide collezioni Minici Zotti a Padova, al Museo del Precinema in Pra’ della Valle). Si creano circoli forse vicini ai giacobini, forse ideologicamente meno connotati, come ben s’avvide un Maestro come Marino Berengo, scrivendo, nel suo libro sul Settecento veneziano per tanti aspetti insuperato, di una classe politica e intellettuale che manifestava un «sempre crescente malcontento antiveneziano ed antiaristocratico, destinato a sfociare confusamente nelle nuove idee e a trar da esse quel più largo respiro che le piccole rivendicazioni municipali non avevano saputo conferirgli». E purtuttavia, come peraltro accade in tutta l’Italia solo apparentemente rovesciata come un calzino da Napoleone, sono poi le vecchie élites, più o meno prive o dimentiche della propria “coscienza di classe” aristocratica (ma da tempo), che poi nella nuova, complessa, sempre cangiante e farraginosa amministrazione francese acquisiscono ruoli di rilievo. Suscitando proteste sdegnate di presidenti di Municipalità (nuovissima cosa, come i distretti, i dipartimenti, e insomma tutta la nuova macchina amministrativa napoleonica), come quello della piccola municipalità di San Giorgio al Tagliamento, Giovanni Bottari, che aveva scritto allo stesso Bonaparte: «Che cosa sono i vuoti nomi di Libertà e Uguaglianza, che si scrivono in tutte le pubbliche carte, se nel Governo centrale prepondera il numero degli aristocratici e dei realisti?».
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ALTRE LETTURE
- Valentina Dal Cin, Poteri informali in un'epoca di transizione. Le reti sociali dell'élite veneta in età napoleonica (1806-1814), «Ateneo Veneto», anno CCII, terza serie, 14/II (2015), pp. 65-91 | academia.edu/29389153
- Valentina Dal Cin, Il Bellunese fra Napoleone e gli Asburgo (1797-1814). Un'élite confrontata al cambiamento, in Napoleone nelle Alpi. Le montagne d’Europa tra Rivoluzione e Restaurazione, a cura di Luca Giarelli, 2015, pp. 117-130 | researchgate.net/publication/305268481 | Leggi pdf