Le vicende storiche di quella che oggi viene chiamata Ca' Spinè non sono facilmente ricostruibili. L’epoca di costruzione da parte di un ramo della famiglia Loredan si fa risalire alla seconda metà-fine del Cinquecento. Dagli estimi opitergini si ricava il nome di Lorenzo Loredan, proprietario in quel periodo di un mulino nella podesteria di Oderzo. A metà del ‘700 la proprietà è dei Gritti, nel 1787 della N.D. Loredan Gritti, nel 1795 dei Boldù fino a metà ‘800, passa poi attraverso le famiglie Avogadro, Gradenigo, Spineda. Allo stato di decadenza e degrado in cui la villa versava, all’inizio del XX sec. fino al 1930, cominciò a porre rimedio Francesco Piovesana. Il recupero, interrotto durante la seconda Guerra Mondiale e il primo dopoguerra (nel 1945-48 fu adibita a ricovero di undici famiglie profughe istriane), riprese nel 1950 e si concluse nel 1973. Una data simbolicamente importante è stata infine l’apertura al pubblico nella giornata FAI-Treviso, di primavera 2010.
Seppur con i danni arrecati da numerosi cambi di destinazione, la struttura originale della casa dominicale si lascia ancora leggere. L’architettura di Ca’ Spinè, pre-palladiana, attesta «il gusto veneziano del Quattrocento in simbiosi con l’estetica rinascimentale» (cfr. Luciano Mingotto, Villa Loredan-Gritti, in Cristina Vendrame, Luciano Mingotto, Maria Teresa Tolotto, Oderzo Veneziana. Evoluzione urbana, città dipinta e dimore storiche, Becco Giallo Editore, 2017, pp. 199-209).
Non si sono invece conservate le proporzioni del complesso edilizio, molto più esteso, con annessa una lunga barchessa a margine di una strada a nord-ovest, oggi scomparsa, e si è perduta – a causa delle sistemazioni viarie operate nel XIX-XX secolo per migliorare la viabilità tra Oderzo e Piavon – la contestualizzazione ambientale del corpo centrale che prospettava su uno slargo o piazza, in cui convergevano da ovest e da sud l’odierna via Spinè e la via Gorgazzo. Tali interventi «tolsero significato alla villa che prima aveva un ruolo emergente in quanto posta al centro di una piazza (dove c’era forse un capitello o piccolo oratorio, demolito durante i lavori e ricostruito quasi a ridosso della villa) ed ora invece è ridotta ad una semplice – seppure importante e qualificante – quinta edilizia su una strada periferica» (Luciano Mingotto, Villa Loredan-Gritti, cit.).
Nel corpo centrale padronale, di pianta quadrata e sviluppato su tre piani organizzati in forma tripartita, i prospetti est ed ovest (rispettivamente verso la strada provinciale e verso il giardino) presentano lo schema strutturale e decorativo delle «serliane»[1], che identificano il salone passante del piano nobile e, sottostante, la sala centrale d’ingresso. Al piano terra due sale (verso il giardino, affiancanti il portico centrale) sono affrescate su tutte le pareti con scene storiche – desunte dai disegni dell'artista fiammingo coevo Maarten van Heemskerck – riquadrate da finte architetture e da colonne corinzie e tortili, la “Sala dei Trionfi” (della Pace, dell’Opulenza, del Tempo, dell’Umiltà) e “Sala dell’Antico Testamento”, con le seguenti storie bibliche: Caino uccide Abele (Genesi 4, 8), l'Annegamento dei figli degli Ebrei (Esodo I, 22), Saul ordina l'esecuzione di Abimelech (I Samuele 22, 16-18) e Il popolo minaccia di lapidare Caleb, Giosuè, Mosè e Aronne). Gli affreschi, risalenti a fine Cinquecento-inizi Seicento, recuperati fra 1971 e 1973, sono stati restaurati nel 2007 a cura di Benedetta Piovesana.
Alla casa padronale si addossa un’ala angolata (comprendente un passo carraio coperto) che crea un campiello protetto dai venti di NW e termina con un alloggio di servizio indipendente, ma collegato. Al complesso si accede dalla strada provinciale con due cancelli e da una strada secondaria con altro cancello attraverso la campagna. La villa, normalmente abitata, ha un giardino con un laghetto circolare con isoletta, uno spazio libero di 4.000 mq, un vigneto di 20.000 mq ed è collegata ad una piccola campagna di 3 ettari con un vialetto alberato che termina ad una casa rustica.
Note
Nel sito web di Ca' Spinè [Massimo Piovesana | caspine.it/affreschi] si può leggere una descrizione degli affreschi accompagnata da una galleria di piccole riproduzioni fotografiche.
I due vani di pianta quadrata interamente affrescati sono disposti simmetricamente rispetto al portale rivolto sul giardino. La Stanza dei Trionfi presenta quattro allegorie entro riquadri incorniciati da una coppia di cariatidi e da colonne tortili corinzie con festoni, che sostengono una trabeazione dipinta, sulla quale si imposta un soffitto policromo alla sansovina. Esse raffigurano il Trionfo della Pace, il Trionfo dell'Opulenza, Il Trionfo del Tempo e il Trionfo dell'Umiltà, riproduzioni fedeli di quattro dei nove disegni dell'artista fiammingo Maarten van Heemskerck, liberamente ispirati ai Trionfi petrarcheschi, intesi ad illustrare il tema delle alterne vicissitudini umane. Ogni quadro rappresenta un carro trainato da una pariglia di cavalli, attorno al quale si dispongono delle "personificazioni allegoriche".
Trionfo della Pace
Sul carro, spronato dalla personificazione di Amore e trainato da due cavalli simboleggianti Concordia e Utilitas, è issata una figura matronale con serto e corona di alloro (Pax) accompagnata da una fanciulla (Opulentia) con scettro e corona, dalla quale diparte un'abbondante cornucopia; di fianco al carro si dispone una figura bendata con la spada sguainata (Iustitia), accompagnata da un personaggio alato con speroni ai piedi e lunga asta (Diligentia).
Trionfo dell'Opulenza
È di nuovo raffigurata Opulentia con corona e scettro, accompagnata dalla Superbia con specchio convesso e piume di pavone, assisa al di sopra di un carro guidato da una figura maschile (Dolus) e trainato da una pariglia di cavalli simboleggianti Rapina e Frode. Il carro è attorniato dalle figure dell'Usura, che brandisce sacchi di monete, della Vana Voluptas e della Vana Laetitia, e accompagnato dalla personificazione bifronte del Tradimento (Proditio) e dalla Lussuria (Libido).
Trionfo del Tempo
La parete orientale è occupata dal carro trionfale del Tempo, individuato dai tradizionali attributi della falce e della clessidra, trainato da un solo cavallo nero simboleggiante la Notte. Sul carro, che trasporta la sfera inclinata con lo zodiaco, si dispongono le personificazioni dei quattro elementi: il Fuoco, la Terra, l'Aria e l'Acqua. Il cielo è occupato dalle quattro figure dei venti: Zephyrus, Aquilo, Eurus, Notus.
Trionfo dell'Umiltà
La serie è conclusa dal Trionfo dell'Umiltà, il cui carro, che trasporta l'Umiltà e la Pace, è guidato da un vecchio che stringe in mano un flagello di spine simboleggiante la saggezza (Metis), trainato da Modestia e Mansuetudine, e accompagnato dalla personificazione della Speranza, che tiene appoggiata sulla spalla destra un'ancora e stringe nella mano sinistra una colomba. Ai piedi del carro si allineano le figure della Fede, che reca in mano un crocefisso e un calice, e della Carità, accompagnata da due fanciulli.
Le scene campestri
Oltre alle allegorie dei Trionfi, la stanza ha tre sovrapporte decorate con scene campestri di ampia apertura paesistica minuziosamente descritte, contenute in cornici affiancate da due cariatidi femminili, le prime due, ornata da due putti alati, la terza:
Anche la Stanza dell'Antico Testamento presenta uno schema decorativo con balaustre, cariatidi in finto bronzo, colonne e finti elementi architettonici, che incorniciano quattro grandi riquadri dedicati a storie bibliche dell'Antico Testamento.
Procedendo in senso antiorario dalla parete occidentale incontriamo rispettivamente le scene dell'uccisione di Abele da parte di Caino (Genesi 4, 8); l'uccisione per annegamento dei figli maschi degli Ebrei (Esodo I, 22), durante la prigionia in Egitto (due matrone implorano il faraone, mentre alcuni aguzzini scagliano nel fiume gli infanti, e sullo sfondo è dipinto anche il dettaglio del successivo abbandono della cesta con Mosè nel fiume); l'esecuzione per decollazione del sacerdote Abimelech decretata da Saul (Primo libro di Samuele 22, 16-18); la ribellione del popolo d'Israele contro le sue guide dopo la prigionia in Egitto (Aronne e Mosè, faccia a terra, sono sul punto di essere lapidati, mentre Giosuè e Calep tentano di placare l'ira della comunità (Numeri 14, 5-10).
Il margine inferiore di ogni composizione è corredato da un breve motto in latino, a commento esplicativo o moraleggiante della scena.
I soggetti rappresentati riproducono fedelmente le prime quattro incisioni tratte da una serie di tredici immagini intitolata Triumphus martyrum, pubblicata in prima edizione nel 1591, e forniscono «inconsuete iconografie di carattere martiriale di soggetto biblico, il cui significato generale, di tenore controriformistico, è da mettere in relazione con il clima di scontro religioso tra cattolici e protestanti che si registra nel tardo Cinquecento».
Anche la decorazione di questa stanza è completata da quattro sovrapporte comprese entro cartigli dorati, su cui compaiono Venere con Cupido, Diana, Apollo e, forse, Adone. Ad uno sguardo attento si possono riconoscere Adone, nudo con mantello, che ha scoccato la freccia, e, di fronte, Venere nuda con Cupido che ha arco e freccia in mano; Diana nell'atto di denudarsi, in un ambiente celestiale, e, con lo stesso sfondo, in un ambiente simile, Apollo gaudente, riccamente vestito, che reca in mano uno scettro, o una frusta (Cfr. Gli affreschi nelle ville venete. Il Seicento, a cura di G. Pavanello, V. Mancini, Marsilio, 2009).
Infine, da una porta affrescata in trompe l'oeil, al di sotto di una delle sovrapporte, si affaccia una donna dall'abito slacciato che lascia nudo il seno, accompagnata dalla vecchia nutrice. Si tratta di una "Presentazione della sposa", motivo compositivo non marginale nella decorazione di villa, «da intendersi quale implicita celebrazione dei valori nuziali, tradizionalmente associati all'esibizione della fecondità femminile».
Come spiegare la discrepanza iconologica tra gli affreschi delle due stanze, dei Trionfi e dell'Antico Testamento, nella stessa villa?
Nel riesame dedicato alla questione dagli autori di Oderzo Veneziana. Evoluzione urbana, città dipinta e dimore storiche, citato, si considera probabile che «la Stanza dei Trionfi sia stata voluta da un primo committente e la seconda (dell'Antico Testamento) da un erede». I trionfi, echeggiando motivi petrarcheschi[2], «descrivono aspetti della vita (l'opulenza e la vanità, l'umiltà e la virtù, la pace nella gloria, il tempo e gli elementi della terra)». Invece, le scene dell'Antico testamento «richiamano la brutalità del potere e del comando (Caino, il faraone, Saul) e le difficoltà del suo esercizio (Mosè e Aronne contestati dal popolo)». Abbastanza per ipotizzare che «in un primo tempo si indugiasse a moraleggiare sui costumi di vita, nell'ambito di un consolidato e ridente ordine sociale, e che in seguito alla Controriforma [...] si riproponesse la necessità di riaffermare l'Autorità del cattolicesimo, con la violenza della lotta contro l'Eresia e la Riforma luterana e calvinista».
Note
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