Il toponimo è in relazione al corso d'acqua che attraversa il paese, in origine un importante ramo del Piave, ridottosi durante l'alluvione del 589 e, nel medioevo, collegato al Lia (e quindi al Monticano) dai Caminesi attraverso lo scavo del canale Navisego.
Fu comune autonomo fino al 1° giugno 1929 e venne fuso con quello di Oderzo, diventandone la principale delle sei frazioni, come estensione e per numero di abitanti. Piavon è costituito essenzialmente da tre nuclei abitativi: Ronche, Valentigo e Frassenè.
La prima citazione dell'attuale chiesa parrocchiale risale al 1391. Fu edificata sicuramente per interessamento dei monaci benedettini dell'Abbazia di Busco e fu consacrata la prima domenica di ottobre del 1538 da Vincenzo De Massariis Vescovo titolare di Miletopoli, per incarico del card. Marino Grimani, Patriarca di Aquileia e Amministratore Apostolico della Diocesi di Ceneda [← diocesivittorioveneto.it/territorio/parrocchie...]. Il campanile risale al 1587. Fu restaurata principalmente nel 1738 e nel 1912, quando assunse l'aspetto recente.
La chiesa, dedicata a San Benedetto (raffigurato in una pala di Gian Battista Carrer), custodisce all'interno quattro dipinti di Jacopo da Bassano (Bassano del Grappa, 1510 circa - 1592).
[in preparazione]
Nella parte superiore della composizione, sospesi sopra una grande nuvola, sono rappresentati Benedetto, il santo titolare della chiesa, in saio scuro e in posa adorante, la Madonna col Bambino e un angelo fanciullo che regge il pastorale e la mitria. Entro lo scorcio paesaggistico sottostante è dipinta la chiesa stessa isolata nella campagna, documentazione interessante dell'edificio nella forma antica, prima della modifica negli anni Venti del Novecento. L'iscrizione incisa sulla base marmorea del dossale dovrebbe fornirci la datazione: “ERECTUM MDCCCXXXVII” (1837).
La pala d'altare, recentemente restaurata, per lungo tempo di incerta od errata attribuzione – per esempio al pittore solighese Amedeo Giuseppe De Lorenzi (1816-1879), figlio di Giuseppe Gallo De Lorenzi (1790-1858) – è invece giudicata opera di Giovanni Battista Carrer (Cavalier di Gorgo al Monticano, 1800 - Venezia, 1850) da Raffaello Padovan, identificazione a cui portano sia le comparazioni iconologiche-iconografiche-stilistiche con una serie di pale d'altare similari realizzate dallo stesso Carrer in quel decennio dell'Ottocento per Santrovaso, Ponzano, Blato (Korčula, Croazia) e sant'Aponal (Venezia), sia il riscontro documentale fornito da una nota manoscritta che assegna a Carrer la realizzazione del dipinto, trovata nell'archivio della chiesa di Piavon da Maria Teresa Tolotto (Cfr. Raffaello Padovan, Il carteggio tra i pittori Giambattista Carrer e Leonardo Cavagnin e il conte trevigiano Gerolamo Sugana, loro mecenate, «Ateneo di Treviso», 2022, pp. 1-38, qui pp. 13-16).
Ne parlerò quanto prima, insieme con un'ampia presentazione del pittore conterraneo, da pochi conosciuto e valutato.
Alcune primissime considerazioni sull'artista si possono leggere nella sezione Personaggi - Ricerche in corso del ns. sito.
Ne parliamo in una sezione apposita del sito, a cui per brevità vi rinviamo:
Di interesse sociologico è il Casón in Via Frassenè, abitazione contadina con il tetto di paglia, di quasi quattro secoli fa.
Il Cason di Piavon | casonpiavon.it/storia | facebook.com/casondiPiavon
Roberto Costella, Gli ultimi casoni, «Polittico», Anno 3, Numero 6, Novembre-Dicembre 1988, pp. 13-14 | Leggi pdf
Rustignè è una frazione del Comune di Oderzo.
Sull'origine del nome e e le vicende edificative della chiesa ha argomentato il canonico e archivista vescovile Carlo Agnoletti (Giavera del Montello, 1845 – Treviso, 1913) nella sua opera più rilevante Treviso e le sue Pievi, Prem. Stab. Tip. Ist. Turazza, Treviso, 1898.
Il toponimo attuale (da Rustignetum) sembra essersi fissato sul finire del XV secolo. Deriverebbe dal dialettale rust cioè "rusco" ("pungitopo"), legato forse alla vicina vasta foresta che anticamente si estendeva lungo la costa veneto-friulana, la cosiddetta Selva Fetontea.
Originariamente la "villa" era nota con un altro antico toponimo, Cambolpo, che Agnoletti ricava da "cani e volpi" o "campo delle volpi", in riferimento all'abbondante selvaggina, e il glottologo e linguista Dante Olivieri (San Bonifacio, 1877 – Milano, 1964) avvicina invece a campus e al nome personale Vulpius, con il significato di "campo di Volpio".
È necessario ipotizzare che per molti secoli la località non fosse abitata se non da un'esigua popolazione. Solo nella seconda metà del Trecento fu eretta la primitiva chiesetta, un oratorio intitolato a Santa Margherita di Antiochia, alla quale un anonimo benefattore lasciò alcuni campi che dessero sufficienti rendite[it.wikipedia.org]. La cura d'anime dipendeva dalla pieve matrice di Oderzo.
La chiesetta, andata distrutta nel Cinquecento sotto un'alluvione del Piave, fu ricostruita più grande e adatta al culto. Risale al 1607 la prima richiesta da parte della popolazione che Rustignè fosse eretta in parrocchia. Mancando una canonica, solo nel 1762 vi fu un cappellano residente e fu occasione per dotare il luogo di culto di un tabernacolo e di un fonte battesimale.
Nel 1882 si demolì la vecchia chiesa per costruire quella attuale, su disegno dell'ing. Giovanni Brasi. Il 13 giugno 1897, l'anno successivo al completamento, fu consacrata dal vescovo Sigismondo Brandolini Rota, ma eretta in parrocchia, soltanto un cinquantennio dopo, il 30 novembre 1946 per decreto del vescovo G. Zaffonato, dopo essere stata curazia per 184 anni.
Rielaborazione da:
La chiesa parrocchiale attuale dopo il restauro-demolizione iniziato nel 1882, con la realizzazione della nuova facciata
La costruzione originaria, del XVII sec, era a due piani, con annesso rustico aperto (portico) in facciata Sud; nel 1865 l'edificio principale fu rialzato di un piano, ad uso granaio e ammasso di derrate alimentari (provenienti dal "beneficio" ecclesiastico). Nel 1940 il corpo laterale (rustico) fu tamponato a Sud e destinato a sala parrocchiale. Verso il 1960 fu aggiunto un vano (con accesso dal pianerottolo del vano scale principale) ad uso servizio igienico. A decorazione sopra l'ingresso principale è affrescata una croce sostenuta da una mano.
Di origini cinquecentesche, ha subito una radicale ricostruzione e ampliamenti nel 1611 e nel Settecento. Proprietari ne erano i veneziani Ottoboni. Vi trascorse l'infanzia Pietro Vito Ottoboni, futuro papa Alessandro VIII, e per lunghi periodi fu abitata dal nipote di questi, il principe Antonio Ottoboni.
Gli elementi decorativi.
Sul prospetto principale, al di sopra delle aperture del salone centrale del piano nobile, c'è lo stemma nobiliare della famiglia fondatrice del complesso.
All'interno la sala è decorata con affreschi raffiguranti scene di caccia, inquadrati entro un finto colonnato a marmorino grigio sorreggente un fregio decorato a viticci. Due scene di caccia si trovano anche sopra le porte; sopra le finte porte della parete lunga, due piccole nicchie a monocromo presentano gli episodi biblici di "Davide con la testa di Golia" e "Giuditta con la testa di Oloferne".
Tra i manufatti architettonici che attorniano la villa, il più cospicuo è la chiesetta di San Gaetano Thiene, fatta innalzare dal cardinale Pietro Ottoboni nel 1732 per essere adibita ad oratorio pubblico.
La villa e l'Oratorio San Gaetano
Faè è una frazione del comune di Oderzo. Il toponimo Faè visibilimente deriva da faetum ("faggeto", in latino), per la presenza di boschi che caratterizzava la zona in epoca romana e medievale.
In attesa di un inquadramento storico più completo, si possono leggere (a parte le poche notizie in it.wikipedia.org/wiki) i cenni storici e il commento al documento d'archivio dell'erezione della chiesa in Parrocchiale, datato 16 dicembre 1599, presentato nel sito parrocchiale da Federico Battistiol.
Esiste inoltre una piccola cronistoria in edizione fuori commercio, Faè. Una parrocchia, a cura di Arturo Benvenuti, con prefazione di Eugenio Ravignani, Pietro Bastianel, edita nel 1989 da Grafiche De Bastiani, Vittorio Veneto.
Il paese ricorre per la prima volta in un documento del 1314 in cui si elencano i quartieri e le città del distretto di Treviso e tra le “Regole” della “Plebs de Opitergio” compare anche Faedo.
Epoca di costruzione delle chiese e di fondazione della parrocchia rimangono incerte, a causa delle discordanze nei documenti sulla precisa dicitura della parrocchia lungo i secoli.
Secondo una bolla, risalente al 1486, la chiesa era affidata ad un rettore, Paolo Jomena di Driasto, subentrato al rinunciatario Alvise De Arecio (da Arezzo). Questo avvicendamento dimostrerebbe che in Faedo già anteriormente risiedeva un cappellano.
Nel 1543 risultava in costruzione la seconda chiesa, oggetto di ripetuti restauri, in particolare durante il XIX secolo con il prolungamento della facciata e del coro e la conversione del pavimento in pietra.
Attualmente la chiesa antica - consacrata l'8 settembre 1846 dal vescovo di Ceneda Mons. Manfredo Bellati - è dismessa. Adiacente ad essa, nella seconda metà degli anni ‘40, si iniziò ad edificare la nuova chiesa, i cui lavori di costruzione ebbero però tra le conseguenze la compromissione della staticità del campanile, crollato nel gennaio del 1977 dopo che si sommarono le lesioni provocate dal terremoto del maggio 1976. Le campane, innalzate nel 1924 (quelle preesistenti, risalenti al '600, erano già state fuse per la Grande Guerra), sono state conservate.
All'interno della nuova chiesa parrocchiale è stato ricollocato un tabernacolo in marmo di Carrara del 1700 - originariamente nella chiesa antica - opera del maestro veneziano Paolo Rusteghello. Si tratta di un'opera di tale pregio che, si dice, fu richiesto per la cattedrale di Ceneda.
Fonte: https://parrocchiafae.wixsite.com/home/storia
L'11 gennaio 1977 alle ore 20:26, crollava il millenario campanile di Faè, già destabilizzato dalla demolizione nel 1959 di parte della chiesa entro cui era inglobato e dai danni subiti dal terremoto dell'anno prima
Per l'esplicito divieto di riprodurre, fuori del blog in cui è pubblicato, l'articolo di Federico Battistiol, Anno 423° di erezione della parrocchia, vi invito a leggere il contributo nel sito originale a questo link: parrocchiafae.wixsite.com/home/post/riccorrenza-erezione-della-chiesa-in-parrocchiale
All'interno della canonica è custodito un registro parrocchiale - pressoché completo, fatta eccezione di poche lacune - che parte dal XVII sec., seguendo le disposizioni del Concilio di Trento. Comprende gli atti di nascita, di morte e dei sacramenti.
In biblioteca sono conservati due fondi librari donati da famiglie del territorio: Fondo Mattiuzzi (teologia e religione) e Fondo Aldo Tonetto (storia locale).
La pala di san Bartolomeo apostolo
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