L'Oratorio: dal degrado ai restauri
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La storia dell'Oratorio, il degrado, i restauri
La chiesa di Santa Teresa di Portobuffolè è un oratorio pubblico affiancato a una villa padronale. Il complesso edilizio è molto vasto e cinto da un alto muro. Solo la chiesetta, costruita come la residenza, dalla famiglia veneziana dei Cellini, dialoga con l’esterno proponendo una preziosa facciata su un piccolo sagrato erboso.
L’edificio residenziale e il complesso rurale delle barchesse è del 1695 mentre la storia dell’oratorio va posticipata di qualche anno, tanto che l’edificio ne ha risentito anche dal punto di vista delle scelte formali e dell’architettura.
Fin dall’inizio dell’elaborazione del programma edilizio Gio Batta Cellini aveva predisposto anche la costruzione di un oratorio privato, posto nei pressi delle chiese di S. Rocco di S. Maria di Settimo e prospiciente la strada che conduceva alla Porta Friulana. La nuova chiesetta doveva essere iniziata dopo la costruzione delle barchesse, ma nel 1699 non era ancora stata completata. Ce ne dà conferma l’ultimo testamento di Gio Batta, che annotava pure la prescrizione di far celebrare una messa al giorno «in Porto Buffolè nella mia Chiesa di Settimo se sarà fatta se non in quella stabilita nella terra stessa da q.m. Alessandro P(ad)re nomata S. Giuseppe» prescrivendo tra l’altro che dovesse «essere eletto il sacerdote da fratelli della scuola di San Rocco di Settimo di cui sta raccomandata detta chiesa con lasso del q.m. s.r. mio P.re di 62 D. (ucati) annui d’entratta quali dovranno essere puntualmente pagati, come ho fatt’io».
L’edificio fu costruito solo all’inizio del ‘700, come testimonia il linguaggio architettonico.
La famiglia, proprio mentre ostentava il suo successo economico costruendo la nuova chiesetta, iniziava un lento declino che portò all’estinzione del ramo maschile dei Cellini.
Elena, Nipote di Gio Batta sposò Marcantonio Mocenigo e Giuditta Pietro Francesco Giustinian.
Le proprietà dei Cellini si fusero con il patrimonio dei Giustinian e in parte furono vendute nel secolo seguente. In compenso nobili e notabili frequentarono le sfarzose sale della villa, passeggiarono nel parco costellato da allegoriche statue di pietra bianca fino a che, con Giovanbattista Giustinian, anche la sua famiglia si estinse nell’anno 1887.
Il testamento di quest’ultimo discendente istituì la fondazione dell’opera Pia Cronici cedendo alla stessa la base delle proprietà sottoponendole alla gestione della Congregazione di Carità di Venezia. Quest’ultima, per non incorrere nei problemi dettati da una difficile gestione di tenute agricole tanto distanti da Venezia, cedette i beni di Portobuffolè in cambio di titoli di rendita del debito pubblico. Così a tredici anni dalla morte di Giovannibattista Giustinian la villa entrava in possesso di Luigi Salice e di Giuseppina Quaglia, che l’acquistarono con le rimaste proprietà per 100.000 lire. Giuseppe Mazzotti mezzo secolo dopo amareggiato leggeva i segni del degrado dell’edificio dagli «archi murati delle finestre, ornati tuttavia da bellissimi mascheroni» silenziosamente rivolti al parco, in parte trasformato in vigna.
Circa due decenni fa la villa e la barchessa furono ristrutturate per farne un albergo. [...]
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