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Giacomo Caramel (Fagarè di Piave, 1890 - Venezia, 1988)
Giacomo Caramel a ventidue anni si diploma all'Accademia di Belle Arti a Venezia. Nel 1919, dopo anni di guerra in prima linea, si sposa, si trasferisce a Roma e riprende a dipingere. Dal 1921 al 1927 vive a Milano e poi a Monza dove insegna tre anni all'Università delle arti Decorative, poi chiusa dal regime fascista. Forzatamente ritorna nel trevigiano, fonda a Fagarè una Scuola artigiana e tra il 1927 e il 1937 esegue anche grandi tele e affreschi di arte sacra in chiese venete e friulane. Nel 1934 va ad abitare a Treviso e negli anni successivi espone in mostre collettive. Nel 1954 si stabilisce a Venezia, in Campo S. Giacomo dall'Orio; la sua prima personale importante è nel 1956.
Nel 1980 pubblica "Arte come creazione di forme nuove" (ed. Giardini, Pisa ) e nel 1982 "Arte e linguaggio, affinità e differenze" (ed. Panda, Padova).
In mezzo c'è un ragazzo cresciuto in riva al Piave. che studia a Venezia, combatte la 1a guerra mondiale, dipinge le macerie della sua casa nel 1010, fugge a Roma, vive a Milano, insegna all'Università delle Arti Decorative di Monza e nel 1927, forzatamente, ritorna a Treviso.
Sempre arte e ancora guerra. Infine Venezia, dove è lui nel 1956 ad essere ospitato con una personale alla Galleria Bevilacqua La Masa.
Uomo di un'altra epoca, trasvolato adagio sino alla nostra. Uomo intero, d'altra tempra, devoto all'arte e incentrato sull'arte, che studia, dibatte. insegna per tutta ln vita. Accostato nei giochi dei rimandi a molti, non imita nessuno. Partecipa, interiorizza, accarezza o respinge influenze che turbinano intorno. La serie dei nomi incontrati è un estratto del Novecento italiano: Gino Rossi, Martini, Sironi, Marussi, Funi, Carrà e dopo la 2a guerra Vedova, Carena, Santomaso, Guidi, De Luigi.
Tra le due guerre dipinge paesaggi, ritrae corpi e volti. Usa il pennello e le grafie di carboncino, sanguigna e matita. Timido e introverso dipinge quasi sempre una sola donna: la sua. Traccia profili di figli, fissa se stesso nell'emblematico "Il meccanico" del 1930. Chi vuole legga il sintetismo terso del paesaggio quattrocentesco, la tensione impressionista, la mano "novecentesca"...
Il colore è la sua forza: timbrico, striato, pacifico e straziante. L'emozione assorta, interiore, non comunica tragedia né felicità.
«Anelito principale della mia vita fu quello di formarmi una cultura e di capire filosoficamente in che cosa consista l'arte». Nell'isolamento veneziano del dopoguerra divora i testi critici di Gentile, Brandi, Pareyson, arriva ad affrontare le semiologie di Eco e Barthes. Beve i "fauves" e i maestri del cubismo in mostra alla Biennale del 1950. Dapprima squadra le sue angolature, carica il colore; poi illanguidisce i corpi, zittisce i paesaggi.
Nel 1959 è astratto: nuovo vuoto, dripping, invenzione di forme spaziali. Galassie, strutture cosmiche. Linee oblique, dinamismo, luce liquida. Studia Fautrier, Wols, Tàpiès.
Continua ad insegnare sino a 71 anni (testimonianza di fede, disponibilità umana e celata dolcezza), sia alla scuola media Sansovino di Venezia che nelle scuole serali per artigiani a Ponte di Piave e Motta di Livenza.
Dal 1975 ritorna a lavorare su soggetti naturalistici secondo «l'interpretazione rinnovata della forma».
II suo tragitto d'arte è impressionante: un percorso di libertà, un passaggio tangenziale rispetto alle dominanti culturali succedutesi nel suo tempo. Lui è molti tempi.
Signore della luce che si scioglie nel colore, con la luce svela l'indicibile, ammanta ogni visione, combatte il gelo della vita.
L'opera pittorica
(in preparazione)
- Giacomo Caramel, Autoritratto, Olio su tavola, cm 67x46
Fonte: https://www.cambiaste.com/it/asta-0651/giacomo-caramel-fagare-di-piave-tv-1890-venezi-229843
- Giacomo Caramel | Selezione di opere tra il 1920 e il 1940, tecniche varie, olio su tela disegno a sanguigna | https://claudiocaramel.it/art/storia-giacomo-caramel/