[a. m.] L'espansione di Roma nella Gallia Cisalpina, l’odierna Pianura Padana, iniziata nel II sec. a.C., comportava la necessità di razionalizzare precedenti piste preromane o creare nuovi assi viari - a scopi strategici e militari - per poter percorrere agevolmente e in sicurezza anche queste regioni, e di raccordarli con le vie che salivano da Roma. Le due grandi infrastrutture che interessarono i nostri territori furono la via consolare Postumia e la via Annia.
La via Postumia fu costruita nel 148 a.C. durante il consolato di Spurio Postumio Albino Magno, da cui prese il nome. Il suo tracciato non aveva la funzione di collegare subito Genova dal versante tirrenico, dopo la sottomissione delle popolazioni liguri, con la colonia di Aquileia, fondata nel 181, nevralgico porto fluviale accessibile dal mare Adriatico (due città situate agli opposti limiti della Cisalpina e senza rapporti diretti fra loro), ma rappresentava - detto in linguaggio militare - una “strada di arroccamento” che congiungeva i caposaldi della conquista romana della Cisalpina «lungo un fronte volto verso le regioni subalpine, nelle quali la romanizzazione era o appena iniziata o non ancora compiuta» (cfr. P. Fraccaro, La via Postumia nella Venezia, «Opuscula», 1, Pavia, 1957). Ciò non impedì che la via Postumia si evolvesse presto anche quale importante asse di comunicazione e scambio commerciale, dando un rilevante contributo al processo di romanizzazione, e su di essa si innestarono le principali direttrici di comunicazione tra i vari centri norditalici, fino a quando non mutarono nel corso dei secoli i quadri insediativi ed economici.
Lungo la costa dell'arco alto adriatico, verosimilmente in coincidenza anche di più antiche piste protostoriche di collegamento tra il Veneto e l’area del basso Isonzo, veniva costruita nel 131 a.C. la via Annia, per volontà di un magistrato appartenente alla gens Annia, il pretore Tito Annio Rufo. Collegava Atria (Adria) - o Bologna, stazione della via Aemilia, secondo la tesi di altri studiosi - e Aquileia, passando per Padova, Altino e Concordia, in raccordo a sud con la via Popilia, già tracciata nel 132 a.C. su iniziativa del console Publio Popillio Lenate, che saliva lungo la regione costiera romagnola, grosso modo in corrispondenza all’attuale Romea, da Ariminum (colonia romana dal 268 a.C., dove erano stanziati in permanenza legionari, raggiunta dalla via consolare Flaminia che arrivava da Roma), passando per Ravenna. Il sistema stradale così concatenato formava la via Popilia-Annia o via Annia Popilia. L’idrografia del territorio era difficile e instabile e il percorso doveva snodarsi attraverso la bassa pianura veneto-friulana, confinante con l’antico ambiente lagunare, solcata da importanti vie fluviali, spesso soggetta ad alluvioni, esondazioni e interessata per larghi tratti dalla presenza di ristagni di acqua e paludi, ma l’asse vario apriva a grandi potenzialità economiche e proiettava verso il centro dell'Europa. La Via Annia era in gran parte una strada glareata (formata cioè da un battuto di ciottoli o ghiaia) ed era lastricata in basoli di pietra solo in prossimità degli attraversamenti fluviali o dei centri urbani. Questa tipologia costruttiva fu tra i fattori che favorirono lungo i secoli l'intenso deperimento del tracciato non basolato, fino alla scomparsa di tracce visibili in superficie.
Una presentazione chiaramente scandita secondo la tipologia di ogni tappa della via Annia, civitas, mansio o mutatio, è offerta dal sito → viaannia.veneto.eu. Nell'ambito del progetto finalizzato al recupero e alla valorizzazione dell'antico tracciato, sono segnalati 32 punti di rilievo storico-archeologico (illustrati in loco con un pannello didattico-informativo) e i cinque allestimenti dedicati al patrimonio di reperti, testimonianze e tracce che la Via Annia ha lasciato, nei musei archeologici di Adria, Padova, Altino, Concordia, Aquileia.
Il tracciato tra Padova e Aquileia è riportato, con indicazioni delle distanze in miglia leggermente diverse, in tre antichi itinerari: Itinerarium Antonini, Itinerarium Burdigalense e Tavola Peutingeriana. Per la riconoscibilità, invece, del tratto da Adria a Padova, privo di documentazione scritta, si devono incrociare ed integrare informazioni provenienti dall'aerofotografia, dalla ricognizione di superficie, dalle indagini di scavo, da dati d'archivio, mappe catastali, cartografia storica e toponomastica antecedenti al Novecento, prima delle trasformazioni del territorio, edificatorie e infrastrutturali, dell'ultimo secolo.
L'Itinerarium Antonini (del III sec d.C.) e la Tavola Peutingeriana (del III-IV sec. d.C.) ricordano Patavis civitas, Altinum civitas, Concordia civitas, Aquileia civitas. L'Itinerarium Burdigalense (del IV sec. d.C.), oltre alle civitates, evidenzia anche le tappe intermedie: civitas Patavis, mutatio Ad Duodecimum, mutatio Ad Nonum, civitas Altinum, mutatio Sanos, civitas Iulia Concordia, mutatio Apicilia, mutatio Ad Undecimum, civitas Aquileia.
In uscita da Padova la via offriva probabilmente due varianti per raggiungere Altinum: una metteva a disposizione appunto le mutationes "Ad Duodecimum" e "Ad Nonum", un'altra sulla destra di un ramo del Meduaco, antico nome del Brenta, raggiungeva, dopo Camin, la mansio "Maio Meduaco - Ad XII", a Sambruson di Dolo, dove incontrava la via costiera proveniente da Rimini, e poi la mansio "Ad portum", per continuare lungo l’intera gronda lagunare fino ad arrivare ad Altino.
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