Vizzotto Alberti Giuseppe (Oderzo, 1862 - Venezia, 1931)

Giuseppe Vizzotto Alberti
 
Foto dell'autore, con dedica alla famiglia dell'amico Luigi De Giudici, a cui aveva dato lezioni private di pittura a Venezia dal 1904 al 1909 | Fonte: luigidegiudici.com
 

[a. m.] Giuseppe Vizzotto Alberti nasce in una famiglia di rinomati affrescatori e decoratori di interni - l’unica, forse, che avesse una tradizione di pittura a Oderzo - ed inizia l'apprendimento col proprio padre Giobatta, detto Socrate, e il nonno e lo zio paterni. Esaurita la prima formazione nella locale scuola tecnica dove s'era fatto già apprezzare per le doti di disegnatore, è chiamato a cooperare come maggiore dei fratelli al lavoro del genitore, non avendo la famiglia risorse economiche per fargli proseguire gli studi. Sono esperienze che non resteranno prive di effetto per l’affermazione futura, se si pensa alle tecniche di affresco in seguito usate dal pittore.
Il talento del giovane fatto di padronanza del disegno e di senso del colore si mostrò presto superiore al livello di alto artigianato che sarebbe stato sufficiente nell'attività lavorativa. Ad intravederne le potenzialità artistiche e a guidarlo con maggior metodicità fu il pittore e insegnante di disegno nell'Istituto tecnico "Riccati" di Treviso, Giorgio Martini, padre e maestro di Alberto Martini, futuro pittore simbolista, e maestro anche dell'omonimo Arturo Martini, grande scultore trevigiano. Il giovane allievo poté assimilare anche la pratica della riproduzione di quadri antichi, di cui Martini era un valente copista. Ai rapporti con l’insegnante - secondo i ricordi del fratello Enrico - sarebbero da ricondurre sia le prime conoscenze della storia dell’arte di Giuseppe sia la passione con cui fin da ragazzo studiava questa materia e teneva presso di sè molti libri sull’argomento. Infine fu Giorgio Martini ad insistere con il padre di mandare Giuseppe all’Accademia di Belle Arti di Venezia, il che avvenne nel 1881. A 18 anni partì per Venezia, sovvenzionato con una modesta somma assegnatagli dal Comune di Oderzo per un soggiorno di studi all'accademia veneziana, ma soprattutto intenzionato a trovare un lavoro per mantenersi, mettendo a profitto la propria abilità nel disegno; progetto che gli riuscì impiegandosi presso il mobilificio Biasotto e nella litografia Usigli e Ferrari.

L'Accademia di Venezia era allora significativamente influenzata da Pompeo Marino Molmenti (1819-1894)(1), che aveva già avuto come allievi, tra gli altri, Guglielmo Ciardi (1842-1917) nei primi anni Sessanta, Tranquillo Cremona (1837-1878) durante gli anni Cinquanta, iniziatore della Scapigliatura in pittura, Giacomo Favretto (1849-1887) tra il '65 e il '70, il più acclamato della giovane "nuova generazione veneziana", Luigi Nono (1850-1918) dal 1865, Alessandro Milesi (1856-1945) dal 1869 al 1874, Pietro Fragiacomo (1856-1922) dal 1879(2), alcuni dei quali saranno poi in amicizia, oltre che in contatto, con Vizzotto Alberti. Nella scena veneziana in quegli anni non erano dimenticati i soggiorni del pittore napoletano Michele Cammarano (1835-1920)(3) e riverberava da Parigi l'esperienza del veneziano Federico Zandomeneghi (1841-1917), l'impressionista "italiano"(4).
Nel periodo di formazione durato fino al 1886 all'Accademia di Venezia furono notati la sua predisposizione, la serietà e l'impegno negli studi, che gli valsero numerosi riconoscimenti. Ebbe compagni in accademia e poi amici lo scultore pittore possagnese Stefano Serafin (1862-1944)(5), futuro conservatore della Gipsoteca Canova di Possagno, e il padovano Emilio Paggiaro (1859-1929)(6). Parallelamente, scelta casa in fondamenta Malcanton 3448 vicino a campo S. Margherita, allora vivace punto di incontro per una nuova generazione di giovani pittori, s'impegnava in una propria attività artistica, senza trascurare - dotato e versatile qual era negli acquerelli - dapprima i generi maggiormente richiesti che ritraevano scene in costume della Venezia settecentesca, ancora insistenti su galanterie e riti sociali o mondani, tempi di carnevale, personaggi imparruccati, in scia del successo delle opere di Giacomo Favretto. Questa iconografia, pur facile da eseguire per lui, non era però nelle sue corde più genuine, attirato piuttosto da soggetti popolari contemporanei e scene realistiche della quotidianità (belle popolane a passeggio per le fondamenta o al mercato, fasciate nei loro immancabili scialli variopinti, intente alla spesa o alle "ciacole", venditori e bancarelle, pescatori in laguna, contadinelle, bambini che giocano a riva, lavandaie ...), inseriti in altrettante vedute veneziane che fanno loro da vere quinte scenografiche, anche se neppure la rappresentazione di questo spicchio di realtà era libero da una retorica di genere, folklore prediletto dalla committenza straniera a Venezia. All'interno di questi generi la sua bravura è ormai apprezzata dalla critica locale e il livello di qualità raggiunto è pari o «superiore a tanti suoi colleghi più acclamati».

Con la tela El gabia creanza del 1887 - anno della morte prematura di Giacomo Favretto, a soli 38 anni, per fulminea malattia - esordisce ad una esposizione nazionale, quella di Belle Arti a Bologna nel 1888. È un garbato aneddoto di interiorità domestica popolare, realistico e ironico al tempo stesso, dove una madre sgrida il gatto che ha rovesciato la scodella di latte preparata per il figlioletto, sicuramente un'opera ascrivibile all'influenza della lezione favrettiana, se si pensa - per analogia - al sottile gusto per l'ironia unito alla vivissima capacità descrittiva e narrativa de Il sorcio, che ritrae con realismo virtuosistico la scena di un bambino intento a scovare un topolino nascostosi sotto un mobile, mentre tre ragazze, probabilmente le sorelle, letteralmente arrampicate sul canapè per paura, seguono, a debita distanza, la caccia, dando indicazioni al fratellino.

Esempi di opere eseguite fino a quest'epoca restano: del 1877 uno Studio di gessi, combinazione di bassorilievi e pezzi anatomici scultorei, in cui non sembra proposta una lineare composizione "scolastica" bensì un insieme di lacerti collocati in modo non canonico a richiamare un quid di "metafisico" (Paolo Campopiano, cit.); del 1878 una Natura morta ad acquerello, assemblaggio inaspettato di un coperchio di rame, un piatto bianco, una zuppiera vuota rovesciata di ceramica, una caraffa di coccio, un cestino intrecciato di vinchi contenente due carciofi, due patate, due mezze cipolle; del 1882 un Paesaggio atemporale ad acquerello, invero fortemente manieristico; del 1884 un Ritratto di vecchia e un Ritratto di bambino, a matita e carboncino, e lo Studio al Malcanton; del 1885 Notturno nel chiostro ad acquerello e uno Studio di gessi (teste e volti), a matita; del 1886 un già individualizzato Mercato a Venezia, ad acquerello, soggetto capostipite varie volte replicato successivamente, ma mai banalizzato; del 1887 un Nudino a china e la già citata opera di esordio nazionale El gabia creanza.

Continua... [in preparazione]

Muore a Venezia nel 1931.

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Note

  1. Pompeo Marino Molmenti, professore di pittura e componente di assoluto rilievo della Commissione di sorveglianza al riordino dei dipinti antichi, organo interno all’Accademia, a cui ci si rivolgeva per qualsiasi problema di restauro, acquisti, esportazioni, copie, sia a livello ministeriale sia da parte dei singoli organismi responsabili delle opere d’arte. Molmenti rimase influente anche nelle commissioni governative presiedute dal prefetto, quando dal 1882 si stabilì l’istituzione di una Direzione di nomina governativa competente sulle Gallerie, sottratte di conseguenza al controllo diretto dell’Accademia (Cfr. Maria Giovanna Sarti, Molmenti Pompeo Marino, «Dizionario Biografico degli Italiani», Volume 75 (2011) | treccani.it/pompeo-marino-molmenti)
    Su Molmenti è da consultare anche la scheda bioografia e bibliografica presente nel nostro sito: Molmenti Pompeo Marino
     
  2. Guglielmo Ciardi e altri (riferimenti in preparazione)
     
  3. Michele Cammarano | treccani.it/michele-cammarano-Dizionario-Biografico
     
  4. Federico Zandomeneghi, insofferente del governo asburgico, si era unito nel 1860 alla causa garibaldina; poi, costretto alla lontananza da Venezia per motivi politici, si era stabilito a Firenze per quasi un quinquennio, avvicinandosi all'ambiente dei Macchiaioli del Caffè Michelangiolo (Signorini, Fattori, Lega, ma anche Banti, Borrani e Cabianca) e diventando amico di Diego Martelli. Nel 1866, dopo aver combattuto di nuovo con Garibaldi per la terza guerra d'indipendenza, poté finalmente tornare a Venezia annessa al regno d'Italia. Viaggiò anche fra Firenze e Roma, attirando l'attenzione della critica nazionale. Nel 1871 Pompeo Molmenti, inserendolo nella terna di pittori veneziani di talento con Guglielmo Ciardi e Alessandro Zezzos, ne apprezza - pur trovandone eccessivo il gusto per le novità - la spiccata individualità artistica, «una balda sicurezza che viene suggerita da una ferma convinzione in certi principii» e l'aderenza ad una pittura realista, atta a riprodurre la vita quotidiana (L'arte a Venezia, in L'arte in Italia, fascicolo dell'ottobre 1871). Nel 1874 era stata alta la risonanza dell'esposizione parigina degli "Indipendenti" rifiutati al Salon tenutasi ad aprile nello studio del fotografo Nadar - atto di nascita dell'impressionismo - e nel giugno Zandomeneghi partì per Parigi, per un soggiorno di qualche settimana, ma vi restò per tutta la vita. Legatosi al gruppo impressionista e stretta una forte amicizia con Renoir, Degas e Pissarro, fu presente con proprie opere a tutte le esposizioni del movimento.
     
  5. I Serafin. La vita e l'opera di Stefano e Siro Serafin, artisti possagnesi, Tipografia Asolana - Amministrazione Comunale di Possagno, Possagno, 1992 | Adriano Favaro, I Serafin ed il restauro delle sculture in gesso di Antonio Canova e La "fortuna" editoriale delle immagini dei Serafin fotografi, in L'arte ferita. Mostra fotografica, Le opere di Antonio Canova danneggiate dalla guerra 1915-18, Possagno - Gipsoteca, 5-31 dicembre 1993 | fast.provincia.treviso.it
     
  6. Emilio Paggiaro | istitutomatteucci.it/dizionario-degli-artisti

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Bibliografia e sitografia

  • [1975] Angelina Sari, Il pittore opitergino Giuseppe Vizzotto Alberti, Tesi di laurea, UniPd, 1974-1975, Relatore prof. Camillo Semenzato.
    Sulle opere e l'attività attuale di Lina Sari si può vedere il suo accogliente sito: linasari.com
     
  • [1998] Paolo Campopiano, Giuseppe Vizzotto Alberti. La vita e l'opera, Grafiche Italprint, Treviso, 1998 | Reperibilità: ...
     
  • [2020] Matteo Bonanomi, Vizzotto Alberti Giuseppe, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 100 (2020) | treccani.it/enciclopedia/giuseppe-vizzotto-alberti-Dizionario-Biografico
     

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