Pietro Soletti (Oderzo, 1769 - Ivi, 1845)

Nacque a Oderzo il 26 luglio 1769, da Giovanni, ricco mercante, ed Elisabetta Coletti appartenente alla famiglia veneziana dei rinomati stampatori. Dallo zio materno Nicolò, valente letterato, il nipote apprese le prime nozioni culturali. Seguitò poi gli studi presso il Collegio Reale a Monza, dove seppure giovanissimo si fece notare come poeta e col diploma di "Pastor Arcade" entrò nell'omonima Accademia col nome di Erifante Eritense. Infine, nel 1792 si laureò in legge all'Università di Padova, senza abbandonare lo studio della lingua latina.
Esercitò l'avvocatura con importanti incarichi da famiglie altolocate, ricoprì cariche pubbliche compresa quella rilevante di Giudice Civile a Oderzo. Fu inserito nella commissione che perorò presso Napoleone a Passariano una compensazione delle pesantissime tasse imposte e pagate dalla gente della zona, in seguito alla caduta di Venezia e all'arrivo dei francesi. Per i suoi meriti culturali e civili, nell'anno 1800 il Consiglio lo elesse "nobile" opitergino.
Morì ad Oderzo il 3 (o il 4?) novembre 1845.

Latinista e poeta, compose numerosi poemetti, carmi ed elegie.
Il suo nome s'incontra non infrequentemente ancor oggi, quando si legge della composizione e della ricezione presso i contemporanei del Cinque maggio di Alessandro Manzoni. Soletti, infatti, volse l'ode in versi latini e, mandata una copia all'autore, ne ricevette una lettera di gradimento e di ringraziamento.

«Chiarissimo signore, Le debbo doppj ringraziamenti, e pel pensiero ch’Ella ha avuto d’abbellire in versi latini quella mia ode, e per la gentilezza con la quale le è piaciuto di comunicarmi la sua bella versione. La prego di gradire le mie sincere congratulazioni; o queste le sieno in vece di quella sentenza che troppo modestamente Ella domanda, e ch’io non son certamente in grado di proferire. Non posso che esprimerle il sentimento da me provato alla replicata lettura della sua composizione; questo sentimento è stato il diletto che fanno nascere i bei versi. La copia dell’ode da Lei comunicatami differisce dal testo in qualche piccola cosa. Le noto qui sotto le poche differenze por obbedirla, non già perchè Ella cangi nulla alla versione, la quale sta pur bene com’è. Rimango pieno di riconoscenza per l’onore ch’Ella m’ha fatto, e col più sincero ossequio, Suo umiliss. devot. servitore Alessandro Manzoni», Milano, 20 giugno 1822 | alessandromanzoni.org/lettere/163
 

Anzi tale versione latina di Erifante Eritense (al secolo Pietro Soletti di Oderzo) accompagnava la prima edizione a stampa del Cinque maggio, che «non fu fatta dal poeta, ma comparve, non senza mende e inesattezze (perfino nel frontespizio!), a Lugano, sulla fine del 1822».

Opere di Pietro Soletti

  • [1814] [Gerildo Cariside], Poesie sugli avvenimenti politici della primavera MDCCCXIV, Nella Stamperia Vitarelli, Venezia, 1814 | books.google.it/books?id=XJx7db_dBuIC | Leggi pdf
     
  • [1824] Pier Soletti e Giulio Bernardino Tomitano, Novella, Francesco Andreola Tipografo, Treviso, 1824 | books.google.it/books?id=d1NWAAAAcAAJ | Leggi pdf
     
  • [1827] Pietro Soletti, Carmen latino sulla cena dipinta da Leonardo da Vinci del signor Pietro dott. Soletti volgarizzamento di N. N. in occasione che il signor don Luigi Spessa celebra il suo primo sacrifizio, Per Giulio Trento e Figli Stampatori, Treviso, 1827 | Internet Archive / w0oujp0pFwMC | Leggi pdf | books.google.it/books?id=w0oujp0pFwMC
     
  • [1828] Festa datasi dal sig. conte A. G. Batthyany la sera del 30 gennajo 1828, nella sua casa in Milano, Coi Tipi di Angelo Bonfanti, Milano, 1828 | Internet Archive / 33125014895623 | Leggi pdf
     
  • [1828] La Festa data in Milano dal conte A. G. Batthyany. Stanze di Erifante Eritense, coi tipi di Francesco Andreola, Treviso, 1828 | books.google.it/books?id=WfQVff2MYFcC | Leggi pdf | Internet Archive / WfQVff2MYFcC

    • «La fantasmagoria della festa [data dal conte A. G. Batthyany la sera del 30 gennajo 1828, nella sua casa in Milano], dei suoi colori e costumi, ha toccato la fantasia del poeta Erifante Eritense, pseudonimo arcadico di Pietro Soletti di Oderzo (1769-1845), che vi dedica un poemetto dal tono celebrativo verso il padrone di casa, convenzionale, classicheggiante, che però ha il merito di restituire una descrizione particolareggiata delle quadriglie. Alle pagine 33-39 compare infatti l'Elenco dei signori e delle signore che comparvero [...] colla indicazione del rispettivo costume assunto o personaggio rappresentato. All’episodio tratto dai Promessi sposi dedica alcune stanze, in cui deplora il comportamento violento ed empio di don Rodrigo, mostrando empatia verso i patimenti dei due umili protagonisti e denotando un atteggiamento più vicino al modello rispetto alla messa in scena danzante.

      Ti racconsola, e in queste allegre meco
      Stanze t’assidi. Ecco all’insubre rive
      Torna Rodrigo, e turba ingiusto e bieco
      Di donna altrui le caste fiamme, e vive;
      D’armate genti ampio drappello ha seco.
      Come risorgi, o Prence? onde qui arrive?
      Quanto il tuo volto di terror m’ingombra!
      Sei tu corpo verace o pallid’ombra?

      No di Rodrigo il fero ingegno, e l’alma
      Trista non serbi, o pari a lui rinasci;
      Tu mite cor racchiudi in nobil salma,
      Che di studi innocenti adorni e pasci;
      Né garzon, tu, che cara amante impalma,
      Scacci dall’ara e in crudo affanno lasci.
      Finzion gentile a vero caso mesci,
      E questa pompa e queste gioje accresci.

      O cantor sommo, che i contesi amori,
      Le lunghe pene, e il rigido martoro
      Scrivesti di due fidi amanti cuori,
      E hai per favola bella ilprimo alloro;
      Tu di Rodrigo, e de’ suoi tristi errori
      Detti l’esempio; io dal Cagnan t’onoro,
      Io che volsi, e fu caro a te l’omaggio,
      Su latin plettro il dì quinto di maggio.


      La venerazione di Erifante Eritense per Manzoni è testimoniata dall’appellativo «cantor sommo ... hai per favola bella il primo alloro».

      [Tratto da: Simona Lomolino, Dal balletto alla pittura, dalla pittura alla musica: contaminazioni di generi e codici nelle opere-ballo tratte dai Promessi sposi nel sec. XIX, «Revue des Etudes Italiennes», Tome 64, n° 1-4, Janvier-Décembre 2018, pp. 107-121; qui pp. 115-116 | academia.edu/44956770 | Leggi pdf]
 
  • Il giorno quinto di maggio voltato in esametri latini da Erifante Eritense con lettera al traduttore di Alessandro Manzoni, presso Francesco Veladini e Comp., Lugano, 1829 | internetculturale.it | Leggi pdf
     
  • Il giorno quinto di maggio. Ode di Alessandro Manzoni con traduzione in versi latini di Pietro Soletti da Oderzo (Facsimile della edizione velandiniana non datata), Editore Giulio Topi, Lugano, 1969
     
    • Il “Cinque Maggio” fu composta in soli tre giorni subito dopo che il Poeta ebbe la notizia della morte di Napoleone, avvenuta nell’isola di Sant’Elena il 5 maggio 1821. La notizia fu riportata dalla “Gazzetta di Milano” del 16 luglio e il Manzoni l’apprese il giorno dopo nella sua villa di Brusuglio. Ne fu talmente scosso che per tre giorni non pensò ad altro e sentì impellente il bisogno di scrivere qualcosa sull’avvenimento. Si racconta che la moglie Enrichetta, per calmargli l’agitazione e propiziargli la serenità d’animo necessaria all’ispirazione, gli suonasse al piano brani delicatissimi di musica classica. Ultimata l’ode, il Poeta la inviò, come d’obbligo, alla censura per chiedere la licenza di pubblicarla.
      Come aveva previsto, però, la licenza gli fu negata, ma la lirica circolò ugualmente e largamente grazie ad un espediente usato dal Manzoni: egli ne aveva mandate alla censura due copie nella speranza che una venisse trafugata da qualche funzionario di polizia, come infatti avvenne. L’anno successivo l’ode fu pubblicata a Lugano insieme con una traduzione in latino di Pietro Soletti di Oderzo, ma già prima aveva avuto l’alto onore di essere tradotta in tedesco dal Goethe, che pubblicò la sua versione sul giornale “Ueber Kunst und Alterthum”. Nell’agosto del 1822 lo stesso Goethe recitò la sua versione alla corte di Weimar ed ecco come il Consigliere Gruner descrive l’avvenimento: «Il gran poeta era quasi trasfigurato e commosso, i suoi occhi mandavano scintille, la precisa accentuazione d'ogni parola e insieme l'espressione m'incantavano; e quando ebbe finito, ci fu un momento di pausa. Ci guardammo a vicenda, e leggemmo il nostro entusiasmo l'uno negli occhi dell'altro. Non è vero, riprese il Goethe, non è vero che Manzoni è un grande poeta? Io vorrei, gli risposi, che Manzoni fosse stato presente a questa declamazione: egli avrebbe avuto un ampio compenso dell'opera sua». Il Manzoni pubblicò l’ode solo nel 1845.
       
  • [1834] Elegia di Erifante Eritense per la ricuperata salute di Stefano Gallino professore nell'Università di Padova già pubblicata ed ora ristampata con la versione in terzine di Paolo Tolomei di Loreggia, dalla tipografia Paluello, Treviso, 1834.| Reperibilità: culturaveneto.it/it/beni-culturali/libri
     
  • [1835] Laude di Giustina Micheli. Elegia di Erifante Eritense (i. e. Soletti Pietro) tradotta da altra penna, Tipografia Andreola, Treviso, 1835 | Internet Archive/6BPzMRltaHMC | Leggi pdf | books.google.it/books?id=6BPzMRltaHMC
     
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Riferimenti