(Ultimo aggiornamento 23/7/2025)

Geremia Lunardelli (Fossabiuba di Mansuè, 1885 – San Paolo del Brasile, 1962)

Geremia Lunardelli
 

Fondamentale è l'apporto dato da Ulderico Bernardi, in varie e successive occasioni, alla conoscenza e all'approfondimento della figura di Geremia Lunardelli, all'interno delle vaste ricerche sull'emigrazione italiana e soprattutto veneta in Brasile. Ne riporto qui il testo più sintetico presente nel volume Una terra antica. Cultura storia e tradizioni dell'Opitergino (Edizioni Santi Quaranta, 2014), che l'autore assembla nella - potremmo dire - "piccola trilogia" dedicata ai "tre Re", illustri emigranti: il Re del caffè (Lunardelli), il Re dei bagigi (Obici), il Re del vino (Giol), pp. 198-213.

Il Re del caffè

[Ulderico Bernardi] Tra gli emigrati nati o vissuti nell'Opitergino che hanno fatto fortuna all'estero vanno ricordati almeno tre casi notevoli. Persone che si sono imposte per intelligenza e intuito economico a tal punto da venire definiti "Re" nei loro rispettivi ambiti di produzione.

Cominciamo dalla storia di una piccola famiglia partita nel 1886, Nicolò e Luigia Lunardelli, giovani sposi contadini. Hanno 25 anni lui, e 22 lei, in braccio la mamma stringe Geremia, di un anno appena. Lasciano la casa e i parenti a Fossabiùba, frazioncina di Mansuè, dove la pianura opitergina incontra la Livenza, il fiume che segna il confine tra le terre venete e l'antica Patria del Friuli. [...] l Lunardelli sono conosciuti dai compaesani con il soprannome di Cimitàn (Simitàni), secondo l'antico costume di indicare la provenienza del ceppo originario, in questo caso il villaggio di Cimetta (Siméta), non molto lontano da Fossabiùba. Lavorano la terra da generazioni, amano i campi, sanno governare la stalla e fàr fruttare la vigna.

Per la giovane famiglia Lunardelli le cose all'inizio non andranno bene. Papà Nicolò muore dopo solo qualche anno. Mamma Luigia, giovane, si risposa. Geremia fin da bambino lavora come bracciante nelle fazendas del caffè, La sua voglia d'impresa insorge prepotente quando ha appena sedici anni. Nei ritagli del lavoro faticoso alleva per sè una vaccherella, qualche maialino. Quando sono pronti per il mercato tratta da solo la vendita. La terra tutto attorno a San Paolo verdeggia di piante del caffè. Una coltura splendida, di piante alte, superbe, delicate ma generose.

Per Geremia Lunardelli terra nuova e caffè si fondono in un unico amore. Comincia la sua avventura d'imprenditore con un sitio, una piccola proprietà di qualche migliaio di piante, acquistata al prezzo di un orario di lavoro senza limiti e di tutti i risparmi di casa. Coltivatore, commerciante, sensale di terreni, trasformatore di canna da zucchero, con un marchingegno rudimentale, Geremia s'inventerà cento mestieri. Ma i suoi occhi e il suo cuore rimangono sempre e soltanto rivolti alle distese di caffè. Nel tempo espanderà l'area delle coltivazioni ben oltre i confini dello Stato di San Paolo, andandosi a cercare terreni adatti nel Paranà, per creare piantagioni sempre più estese.

La sua è la storia di un uomo di straordinarie capacità, che sapeva riconoscere la terra fertile da pochi segni, raccogliendone una manciata, odorandola. A 30 anni, questo figlio di contadini che ha imparato a leggere e scrivere da solo, e ha cominciato a lavorare quando appena si reggeva in piedi, è già noto come O Rei do Cafè, il più grande produttore e commerciante di caffè del mondo! Arriverà a possedere, intorno al 1950, 14 milioni di piante di caffè, 11.500 ettari di buona terra coltivati a cotone, altri 25.375 ettari a foraggio, e ancora 5.000 ettari di canna da zucchero, con annesso zuccherificio capace di 30.000 sacchi l'anno. Sulle sue terre pascolano 30.000 capi di bestiame.

Orgoglioso di essere brasiliano di origini italiane, sarà prodigo di soccorsi e di doni. Ha sempre guardato con ammirazione all'arte e alla cultura che non ha potuto avere. È un uomo he ama il fare, più che i rapimenti artistici e la contemplazione. Ma sa che l'uomo non può vivere di solo pane. Vuole che il suo immenso paese non sia valutato nel mondo esclusivamente per la fecondità della terra, ma anche per le raccolte di tesori nati dalla creatività e sensibilità umana. Per questo sostiene la nascita del Museo di Belle Arti di San Paolo, con contributi monetari notevoli. Al Museo fa dono di opere splendide: sculture di Rodin, dipinti di Goya, Velasquez, Renoir, Rembrandt.

Nonostante la sua enorme ricchezza non mostra superbia. Segue direttamente i lavori, tratta con braccianti, coltivatori e imprenditori suoi pari con lo stesso tratto. Non conosce stanchezza né abbandoni. Il piccolo figlio di contadini da Fossabiùba, diventato un magnate, rifiuta per ben due volte l'attribuzione d'un titolo nobiliare. Nel 1928 il re d'Italia vuole offrirgli il titolo di conte, per i suoi meriti di gran lavoratore e di sostenitore della cultura italiana in Brasile. Nel 1946 è la volta della Santa Sede, che intende conferirgli il titolo di marchese per lo spirito di carità sempre dimostrato nei confronti dei bisognosi. In entrambi i casi oppone un rifiuto, richiamando la sua origine modesta e la fede negli ideali di democrazia. Il Brasile aveva abolito i titoli nobiliari, e Geremia Lunardelli desiderava rispettare lo spirito di eguaglianza che animava la sua nuova Patria.

Morirà il 9 maggio 1962, trasmettendo ai nove figli e alle decine di nipoti questo patrimonio di valori, prima ancora che un'eredità miliardaria.

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Ampio studio e sintesi biografiche su Geremia Lunardelli, Ulderico Bernardi aveva già elaborato in precedenti occasioni e possiamo leggerli on line:

  • [1997] Ulderico Bernardi, Personaggi e storie dell’emigrazione veneta, Geremia Lunardelli: «o rei do café» (Mansuè, 1885 – San Paolo del Brasile, 1962), in Quaderni dell’A.D.R.E.V., Anno II – Numero 2, 1997, Consiglio regionale del Veneto, Longo Editore Ravenna, pp. 21-48 | consiglioveneto.it/documents/34871 | Leggi pdf
     
  • [1997] Ulderico Bernardi, Geremia, o Rei do Cafè, 8.5.1997 | messaggerosantantonio.it | Leggi pdf
     

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