FOTOGRAFIE LIBERE PER I BENI CULTURALI Movimento a favore della riproduzione libera e gratuita delle fonti documentarie in archivi e biblioteche per finalità di ricerca.

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Fonte dell'immagine: Biblioteca Comunale di Treviso | nuovabibliotecamanoscritta.it

Francesco Daniotti Sanfiore è autore del manoscritto Memorie opitergine, databile 16 gennaio 1712, ricopiato poi da Natale Melchiori di Castelfranco, che vi aggiunse «varie altre notizie tutte attinenti allo stesso Opitergio»

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Finalmente libere per legge le fotografie, scattate con mezzo proprio (senza flash, stativi o treppiedi), di documenti d’archivio consultabili in via ordinaria e di volumi a stampa non più coperti da diritto d’autore. Nel lessico giuridico libere non significa solamente “gratuite”, ma anche esenti da qualsiasi autorizzazione preventiva, esattamente come già avviene nei musei. Sarà inoltre possibile diffondere e scambiare con qualunque mezzo le fotografie di beni bibliografici e archivistici per qualsiasi finalità culturale diversa dal lucro, non più quindi solo per ragioni strettamente “personali” o “di studio”.

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I dieci vantaggi della libera riproduzione in archivi e biblioteche

  1. La tecnologia digitale agevola sensibilmente le operazioni di trascrizione, con la possibilità di rivedere la propria trascrizione in luoghi e tempi diversi da quelli di consultazione diretta.
  2. Lo scatto fotografico è assimilabile nello spirito e nelle funzioni all’atto di prendere appunti (la fotocamera digitale è mezzo di fruizione del documento come la matita personale o il computer portatile).
  3. La riproduzione a distanza non sottopone di per sé la documentazione ad uno stress maggiore di quello subito durante la normale consultazione.
  4. La riproduzione a distanza contribuisce anzi alla sua tutela del documento sia perché, a differenza della fotocopia, non implica un contatto diretto con il supporto, sia perché riduce al minimo il numero di accessi diretti alla documentazione consultata.
  5. Si rendono più sostenibili i costi della ricerca permettendo agli utenti degli archivi di evitare lunghi e costosi soggiorni in trasferta.
  6. Si attenuano le disparità esistenti tra studiosi che dispongono di maggiori o minori risorse economiche, contribuendo a garantire un accesso più democratico ai fondi documentari (si pensi ai giovani laureandi, ai dottorandi privi di borsa, ma anche a tutti coloro i quali sono costretti a rinunciare alla ricerca archivistica per motivi di tempo e per i quali la fotografia libera sarebbe invece un valido supporto).
  7. Si incentiva la valorizzazione del patrimonio archivistico e bibliografico nazionale coinvolgendo come soggetti attivi un maggior numero di studiosi.
  8. Si contribuisce a valorizzare l’insieme del nostro patrimonio culturale: il turismo di qualità si nutre infatti di contenuti culturali che sono spesso esito della ricerca documentaria condotta in archivi e biblioteche.
  9. Può costituire un’occasione di rilancio dell’immagine delle biblioteche e degli archivi che, sempre più marginalizzati, stentano ad essere percepiti come effettivi centri di diffusione della cultura oltre che come centri di conservazione.
  10. Liberalizzare significherebbe stringere una rinnovata ‘alleanza’ tra operatori e utenza risaldandone il fondamentale rapporto fiduciario: da un lato numerosi utenti in archivio eviterebbero tentativi di eludere la sorveglianza fotografando furtivamente manoscritti e documenti in violazione delle norme, dall’altro gli istituti che custodiscono i fondi documentari sarebbero nelle condizioni di favorire il più ampio accesso alle fonti e creando le condizioni per la più ampia diffusione del sapere.

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